LA STORIA D’AMORE TRA MASSIMO ED EMILIO NELLA NAPOLI DEGLI ANNI SETTANTA
Siamo nella Napoli degli anni ’70, una provincia che viene soffocata dai suoi problemi e vive con distacco il conflitto politico e sociale che divide il paese. Antonio è il proprietario di un ristorante, prototipo dell’uomo incapace di accettare la molteplicità e le diversità, incline alla prepotenza e a suo agio negli schemi di una società violenta e insensibile.
Assume un giovane riccioluto alla moda, Emilio (Adriano Pantaleo), come lavapiatti, affidandolo alle dipendenze di suo fratello Massimo (Andrea Vellotti), gestore del locale.
In questo contesto nasce “12 baci sulla bocca”, che racconta l’incontro e poi l’incontro-scontro tra Emilio e Massimo. Massimo si sta per sposare con l’unica donna che ha avuto nella sua vita, ma è anche attraversato da un qualcosa di irrisolto. Emilio è giovane ed è omosessuale, anzi “ricchione”, perché questo era l’unico termine usato a Napoli per identificare un gay.
Nel volgere di poco tempo, però, un crescendo gioco di sguardi, di parole e sorrisi di dolce complicità, i due culminano in un liberatorio atto sessuale. Il rapporto tra Emilio e Massimo è qualcosa di ben oltre ciò che la società dell’epoca poteva concepire, ma “nudi e felici” i loro corpi assaporano la percezione dell’amore come di un fattore tipicamente umano.
Emilio, in partenza per Londra per vivere più serenamente la sua omosessualità, ha letto negli occhi dell’educato e sensibile Massimo i suoi stessi turbamenti di omosessuale, ed ora vuole restare a Napoli a vivere la sua storia d’amore. Ed è amore vero anche per Massimo, che celato dietro le buone maniere borghesi, vive la sua angoscia quotidiana.
Gli incontri tra Emilio e Massimo sono violenti al limite dello scontro fisico. I due ragazzi si nascondono, ma quel rapporto così controverso, rappresenta l’unico momento di vero sentimento nella loro vita.
Il loro è un ambiente in cui non è permessa alcuna diversità, vigono leggi sociali di branco che non permettono nulla al di fuori di una prassi consolidata. E Antonio, fratello di Massimo, è un tipo dai modi spicci. Suo fratello non può essere un “ricchione”.
12 Baci sulla Bocca è un’opera drammatica lineare. La scenografia è priva di inutili orpelli, la trama non indulge alla complessità, la storia d’amore raccontata è “naturale e casta”, pur nelle scene di sesso.
La parte del cattivo riesce bene a Stefano Meglio che dipinge con i suoi modi aggressivi un paese e un periodo in cui la diversità non era ammessa, lo stesso periodo in cui moriva Pier Paolo Pasolini, preso a bastonate. Le stesse bastonate che riecheggiano in sala all’inizio e poi alla chiusura dello spettacolo.
Davvero interessante, infatti, la scelta di legare gli eventi del racconto a fatti evocativi e tragici della storia d’Italia. Questa decisione sembra arricchire la percezione del contesto di riferimento da parte del pubblico, che riesce così facilmente a inquadrare i drammi di un Paese come l’Italia. Sullo sfondo, ma centrali nella storia, restano quindi i 12 mesi che iniziano con la strage di piazza della Loggia e terminano con la tragica morte di Pier Paolo Pasolini.
12 baci sulla bocca è stato scritto da Mario Gelardi per la regia di Giuseppe Miale di Mauro. Molto bravi gli attori Francesco Di Leva, Stefano Meglio e Andrea Vellotti.