Cinema e società – Al di là della critica
Di: Riccardo Rosati
Intro: l’erudito Riccardo Rosati ci descrive nella sua opera uno spaccato della società odierna visto attraverso la lente della Settima Arte.

Il pregio più evidente del libro di Riccardo Rosati è quello di raccogliere recensioni apparentemente slegate tra loro fondendole in un unicum legato da un fil rouge attuale e scorrevole; ne risulta un confronto acuto ed originale raccontato con occhio critico ed a tratti ironico. Unico neo, quello di risultare a tratti una visione meno lucida ed obnubilata dalle intime convinzioni dell’autore riguardo la Chiesa, la incontrovertibile superiorità italiana e la morale; visione acritica che mina l’obiettività dell’opera stessa, appannata da un eccessivo “calore” cattolico, dalla visione anacronistica ed ideale di una Chiesa “senza macchia”, dal mito di un’Italia superiore e di una “sana italianeità”. Questo si nota particolarmente nella prima parte, quella dedicata al cinema mimetico occidentale; la seconda, dedicata all’Estremo Oriente, materia nella quale il Rosati eccelle, risulta invece scevra da “partigianesimi” particolari, trasparendo dagli scritti dell’autore, siano essi recensioni o interi saggi, il suo incondizionato amore per questo mondo (e per il suo cinema) a noi misconosciuto. Fatta salva l’inconfutabilità di questi dati di fatto, necessari per la piena comprensione del mondo in cui l’autore si muove ma trascurabili nell’analisi complessiva, Cinema e Società è assolutamente un’opera di grande valore ed interesse, che analizza l’intima correlazione tra il grande schermo e la nostra società e coglie con acume il substrato delle pellicole descritte, spaziando negli argomenti più disparati: dalla politica alla pornografia, dai musei al cibo. Per il Rosati, la Settima Arte prende a modello il mondo e lo descrive alla sua maniera.
Nella prima parte, il Cinema Mimetico, l’autore parte dalla sua città, Roma, e dal film di Magni (Scipione detto anche l’africano) per descriverne la dualità tra vocazione universale ed anima provinciale; provincia crudemente descritta da Et in terra pax, mentre anche il cuore di Roma, l’Esquilino, non è scevro dal degrado della metropoli (Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio). Ben diversa appare l’Italia agli occhi dello straniero; in The American, la visione bucolica della provincia è totalmente cieca ai suoi intrinsechi difetti. Rimanendo in Italia, il Rosati non manca di analizzare anche la discussa La grande bellezza, in cui la decadenza morale della Roma contemporanea si confronta con la sua grandezza monumentale. Passando invece ad analizzare il cinema statunitense, la rosa degli argomenti trattati spazia notevolmente: dalla legalità e i suoi rapporti con il potere (Prove apparenti) e con la violenza (The experiment) agli ebrei (The believer e l’irrivente A serious man dei fratelli Coen), dai reality show dove anche la morte fa spettacolo (Live!), alla pornografia degenerata nella pornodipendenza (Don Jon e Lovelace), dal cibo (la commedia gastronomica Amore, cucina e curry), ai perdenti (il classico Peckimpah di Voglio la testa di Garcia), sino ad arrivare al western classico (Il grinta); dai temi più originali il cinema non statunitense: dal doppio maligno (il doppleganger) dello spagnolo L’uomo senza sonno all’uomo
donatore di sperma che si ritrova con 533 figli del canadese Starbuck, dall’autoreferenzialità degli artisti contemporanei (l’italo argentino The Artist) al potere di internet che corrompe la società del portoghese Aguasaltas.com. Completano il quadro film dal sapore documentaristico come Slow Food Story, Il segreto di Italia e In fondo al bosco, fino ai classici Pompei e National Gallery, opere dalla sostanza più promozionale che scientifica. In tutti i film recensiti, vediamo una strettissima correlazione tra quel che ci mostra lo schermo e la realtà; a riprova che la tesi del Rosati, che la Settima Arte ci mostra il mondo così com’è, e lo fa sin dai suoi albori, non è solo fondata, ma offre soprattutto spunti di riflessione per l’uomo e la società odierni, in precario equilibrio tra umanità e globalismo.
Diversamente e particolarmente interessante è la sezione che l’autore riserva all’estremo Oriente, ed in particolare al Giappone (cui sono dedicati anche tutti i saggi); in essa, il Rosati alza il velo su un mondo a noi misconosciuto, descrivendo una società lontana anni luce dalla semplice immagine che ci viene veicolata in occidente. Ecco che l’analisi dell’autore amplia gli orizzonti, calandosi contemporaneamente nell’anima profonda di un paese dove tradizione e modernità convivono nella quotidianità. Ciò è evidente sin dal primo film analizzato, Eijanaika – perché no?, in cui troviamo “il Giappone che non ti aspetti”:
il regista Imamura ci mostra infatti l’atteggiamento dissoluto diffusasi nel Paese tra il 1867 ed il 1868, poco prima della Restaurazione Meiji, ben lontano dall’immagine ordinata che conosciamo oggi. Ma è soprattutto con il cinema di Takashi Miike, che il Rosati ci mostra l’anima vera del Giappone; brutale, corrotto, senza valori (Shinjuku Triad Society, Rainy Dog): il mondo della malavita, della yakuza, ma soprattutto il mondo delle minoranze etniche (in particolare quella cinese), dei disagiati e degli esclusi (Shangri-la),
descritto crudemente ma non senza umanità. Un paese in cui la modernità ha cercato di reprimere l’autodeterminazione del singolo, che però continua ad ardere sotto la cenere: questo è il Sol Levante che emerge da questa filmografia; non mancano però il lirismo e la poesia, soprattutto nell’ultima opera di Kurosawa, Madadayo-il compleanno, intima e riflessiva, ma anche nel Koreeda di Little sister, storia tutta al femminile, delicata e malinconica, e finanche nell’autopsia dell’anima descritta da Tsukamoto in Vital: anche questo è il Giappone.

Al Sol Levante sono dedicati anche i saggi dell’autore; da Lost in Translation a Mishima, da Imamura a Oshima, per concludere con il cinema di animazione, quel che emerge è proprio questa dualità culturale, sospesa in perfetto equilibrio tra tradizione e modernità;

dall’incontro di due solitudini in un mondo alieno del film della Coppola, che di giapponese ha solo “la sublimazione di una relazione fatta di un nulla incredibilmente pieno” al Mishima patriottico di Yukoku, elegia dell’onore e del seppuku, dalla Nouvelle Vague nipponica di Imamura e Oshima, che evidenziano il lato carnale e crudo del Giappone, ai manga a tema sportivo come Rocky Joe, che esaltano la dedizione ed il sacrificio nella cultura moderna, il complesso mondo del Sol Levante viene sviscerato dal Rosati in quasi tutte le sue sfaccettature; chè per conoscerle tutte, forse, bisognerebbe viverci.


Da notare, infine, che il libro è impreziosito dalla lucida prefazione di Pier Luigi Manieri, che coglie l’essenza dello scritto rosatiano e lo arricchisce, e dall’istrionico saggio finale sul discusso film Zardoz scritto dall’eccellente critico Stefano Coccia, che ci accompagna nel Vortex, rivisitazione psichedelica del platonico “mito della caverna”, al pari del Rosati che ci ha condotto in un viaggio appassionante nel mondo descritto dalla Settima Arte.
Michela Aloisi