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“Alice”
Regia e sceneggiatura di Alessandra Schiavoni
Con Alessandra Schiavoni, Caterina Gramaglia, Andrea Guspini, Angelica Accarino
Musiche e Grafica Alberto Basaluzzo
Presentato da Sycamore T Company
E’ uno spazio tetro e nauseabondo quello dove entra Emma (Alessandra Schiavoni), un sotterraneo abbandonato in cui la donna va a girare bruscamente una sedia: su questa è legato Alex (Andrea Guspini), evidentemente stremato dalla dura reclusione. Il dialogo che segue, uno scambio aspro e incalzante, svela il motivo dell’inquietante situazione, facendo presagire i tratti forti del dramma appena iniziato. Scopriamo che la figlia di Emma, Alice (Angelica Accarino), è sparita da tre anni, senza lasciare traccia e senza che nessuna indagine sia riuscita a far luce sulla verità, una verità che però alla donna sembra più che evidente: Alex all’epoca dei fatti era stato appena lasciato da Alice, e lui, incapace di accettare la fine della loro storia, l’ha uccisa, si è sbarazzato del corpo e poi l’ha fatta franca grazie ad un alibi ben congegnato, alla sua aria da bravo ragazzo e ad una famiglia molto benestante a sostenerlo.
E’ il tempo però della resa dei conti, perché ora lì, picchiato, minacciato e impotente, ad Alex viene intimato di confessare il delitto davanti ad una telecamera, di parlare finalmente in quello che è un lugubre tribunale dove a fare da giudice e giuria c’è solo Emma. Per lei è inutile l’accorata difesa del prigioniero, inutili i suoi lamenti, le sue suppliche, il suo ribadire tra le lacrime di essere innocente. Emma non crede a una parola, perché infatti non riesce ad accettare l’idea di essere stata una pessima madre, non può arrendersi al fatto che forse Alice sia semplicemente fuggita per scappare al suo soffocante controllo. Non arrivando l’agognata confessione, ecco allora che viene sfoderato l’ultimo audace tentativo di far crollare il ragazzo: il gelido piano, portato avanti con terrificante determinazione, contempla l’aver rapito anche la madre di Alex, Marta (Caterina Gramaglia), considerata a tutti gli effetti complice del proprio figlio, avendolo viziato, protetto e cresciuto nel modo più sbagliato. Il vero scontro comincia ora, un faccia a faccia straziante tra due donne che mettono in gioco il loro ruolo materno, una che ormai ha perso tutto e l’altra che invece cerca con ogni briciolo di forza di salvare colui che rappresenta tutto. E’ una lotta che mette in risalto le profonde similitudini esistenti nell’animo e nell’amore delle donne e delle madri, ma che trova insanabili fratture tra chi viene da mondi troppo diversi. Non vengono risparmiati i colpi né le accuse, ognuna è costretta a rivedere le mancanze e gli errori fatti come individuo e come genitore. Chi è il vero colpevole in questa tragica storia?
Al Teatro Marconi di Roma, lo scorso 10 maggio, è andata in scena con successo un’altra replica di questo fosco e appassionante lavoro di Alessandra Schiavoni, autrice, regista e attrice di un vero e proprio “thriller” psicologico. Prendendo le mosse dai numerosi fatti cronaca di cui leggiamo fin troppo spesso sui giornali, viene efficacemente tratteggiata la condizione in cui purtroppo si trovano i genitori di quelle ragazze che, da un giorno all’altro, sono strappate all’affetto delle loro famiglie. Un colpo letale a qualsiasi speranza di poter vivere una vita normale, quando ormai si è senza più serenità, prospettive, gioie. Nei casi peggiori, quando non si rintraccia più una figlia, non c’è neanche la penosa possibilità di piangere su una tomba, si rimane bensì in un limbo di oscura disperazione, in cui l’incertezza e i dubbi possono finire per ossessionare, in cui si viene tormentati anche dai sensi di colpa per non aver fatto di più. Emma, quindi, è la tragica somma di tanti madri che gridano giustizia, desiderose almeno di vedere i colpevoli puniti per i loro crimini: una richiesta che, come sappiamo, non sempre viene esaudita e che, comunque, non porta più indietro i propri cari. Alessandra Schiavoni riesce con talento a dare forma ad un personaggio spietato, inflessibile, animato da un unico scopo per il quale è capace di ricorrere ad ogni mezzo. Una figura spaventosa di giustiziere, che ricorda quella di Alberto Sordi nel film “Un borghese piccolo piccolo” (1977). Naturalmente, questo avviene anche grazie agli altri interpreti che condividono con lei il palcoscenico. Caterina Gramaglia, con la sua consueta bravura ed una notevole intensità recitativa, rende la sua Marta l’impeccabile contraltare di Emma: è spaventata, disorientata, fragile, ma è anch’essa in grado di combattere, pur legata ad una sedia. Il suo ruolo materno la rende un eccellente avvocato difensore di Alex, così convinta della sua innocenza da far vacillare le certezze di Emma, finendo perfino per metterla in difficoltà. La sua presenza scenica sa turbare e travolgere gli spettatori. Andrea Guspini è invece l’ago della bilancia fra le due donne, molto bravo a spostare l’opinione del pubblico: ora sembra incolpevole perché remissivo, sorprendentemente quasi tenero, preoccupato del pericolo in cui si trova la madre; ora dà l’impressione di essere davvero qualcun altro perché rabbioso, pieno di rancore e capace di improvvisi scatti d’ira. Perfetto come imputato per cui parteggiare o che sa rendersi odioso. Sullo sfondo la presenza eterea di Angelica Accarino, quella Alice il cui nome per Alex è perfino difficile da nominare, che aleggia nel buio del sotterraneo per legare i protagonisti alle prese con scelte fatali.
Quando il momento dell’accusa e della difesa sembra esaurito, quando ormai si gioca a carte scoperte, la tensione palpabile dell’inizio sembra calare un po’, la sceneggiatura perdere mordente e galleggiare apparentemente in un “nulla di fatto”. Ma è una fugace impressione, perché con un veloce cambio di registro si avvicina il finale a stordire i presenti con i suoi colpi di scena.
E’ uno spettacolo coinvolgente, denso di emozioni che rimangono addosso anche dopo essere usciti dal teatro, che ci spinge a farci domande e a riflettere sui mostri che si celano nel quotidiano. Da certe scelte non si torna più indietro.
Tenete d’occhio le prossime repliche perché questo è uno spettacolo da non perdere.
Massimo Brigandì