Asocial World

Straordinariamente attuale, uno dei corti che più ci hanno colpito a Videocorto Nettuno 2019

Da anni Videocorto Nettuno ci ha abituato all’attenzione che i nostri giovani autori hanno per il linguaggio comico. Notevole è cioè l’interesse, da parte dei cortisti, per quello humour così calzante, per le vere e proprie pillole di commedia, che così spesso rimandano alle problematiche sociali più stringenti da noi esperite, insomma, a ciò che concerne il presente, l’attualità del paese. Non stupisce quindi che il breve resoconto del festival già pubblicato da Michela Aloisi metta a fuoco alcuni lavori, senz’altro riusciti, pescati tra quelli che a tale discorso in qualche misura si ricollegano: da Andate in pace di Carmine Lautieri, in cui respira un’aria da Neorealismo Rosa e da “strapaese” a tratti irresistibile, fino all’indiavolata black comedy portata a Nettuno da Cosimo Alemà, cineasta che nel recente passato si è cimentato pure nel lungometraggio; ovvero Si sospetta il movente passionale con l’aggravante di futili motivi, corto impreziosito anche da un ottimo cast al femminile. Ma in fin dei conti è Asocial World del giovanissimo Mattia Trezza il cortometraggio di cui ci siamo innamorati a prima vista, per l’urgenza dei temi trattati prima ancora che per la riuscita, comunque ragguardevole, di certi siparietti.

Il regista Mattia Trezza in azione

In ogni caso è una risata sbilenca, amarognola, quella che suscita Asocial World, folgorante lavoro cinematografico che prende di petto la condizione morbosa, malata, in cui ci siamo progressivamente calati negli ultimi anni: schiavi ormai della tecnologia, dei cellulari, dei tablet, dei social, dei “like”, delle opinioni telematiche di utenti che forse non incontreremo mai di persona o che, fattore persino più alienante, possono essere seduti a due metri di distanza da noi, ma non interagiscono più fisicamente perché abituati a farlo nel “mondo virtuale”, con l’occhio fisso su un monitor.

Sul set di Asocial World

C’è la giovane coppia che preferisce farsi un selfie o inseguire il miraggio di qualche follower in più invece di fare all’amore. Ci sono gli amici che non riescono più a godersi un momento di svago all’aria aperta, perché stanno tutti con lo sguardo fisso sul cellulare. C’è una famigliola ridotta anche a tavola alla totale incomunicabilità, come neanche nelle vecchie pellicole di Antonioni: perché pure i silenzi più pesanti valevano qualcosa rispetto all’ossessivo richiamo di certi aggeggi elettronici. Con sapiente (ed indubbiamente amaro) tocco umoristico il giovane film-maker ha saputo affrescare ciascuno di questi sketch, fino alla trovata destabilizzante che accende il racconto: superato l’iniziale disaccordo, due dipendenti della società che assicura la copertura internet in quella zona decidono di staccare temporaneamente la spina, per vedere cosa succede, se per caso la gente impazzirà del tutto o se si dedicherà almeno per un po’ a rapporti umani più veri, diretti. All’inizio il panico contagia tutti i personaggi coinvolti dall’improvviso blackout. Per lasciare poi il posto alla consapevolezza, non necessariamente destinata a durare, che ci può essere molta più vita relazionandosi col prossimo senza i filtri dell’odierna schiavitù tecnologica…
Decisamente centrato il tema del corto. E sebbene non tutte le interpretazioni siano allo stesso livello, a Mattia Trezza ha sicuramente giovato la presenza sul set di alcuni attori dalla forte presenza scenica, in particolare Antonella Ponziani e Marco Marchese, nomi già noti ai quali aggiungere qualche giovanissimo calatosi bene nella parte.

Written By
More from Stefano Coccia
CIAK SI SUONA!
Ritorna l’emozionante viaggio alla riscoperta delle colonne sonore più belle degli ultimi...
Read More
0 0 votes
Article Rating
Subscribe
Notificami
guest

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

2 Commenti
Oldest
Newest Most Voted
Inline Feedbacks
View all comments
sonia
sonia
4 anni fa

Bell’articolo, ho assistito al corto e devo dire che mi è piaciuto molto, e credo che sia stato sottovalutato dalla critica. Il messaggio che vuole veicolare attraverso la sceneggiatura, è il pezzo forte del corto, un tema quanto mai problematico nella società attuale, la “cyberdipendenza” che conduce ad un’ inesorabile sentirsi soli anche se in mezzo alla gente, che ci piaccia o no, è questo il prezzo da pagare per l’evoluzione tecnologica. Le interpretazioni in generale mi sono piaciute, e anche considerando il fatto che alcuni attori erano alle prime armi, non ho notato performance mediocri nonostante la giovane età di alcuni.

Alessandro Tozzi
Admin
4 anni fa
Reply to  sonia

Grazie degli apprezzamenti!