Assassinio sull’Oriente Express

La trasposizione cinematografica del celeberrimo libro di Agatha Christie non convince tutti, ma risulta essere un film commercialmente valido.

DATA USCITA: 30 novembre 2017

GENERE: Giallo, Drammatico, Thriller

ANNO: 2017

REGIA: Kenneth Branagh

ATTORI: Kenneth Branagh, Johnny Depp, Penélope Cruz, Judi Dench, Olivia Colman, Daisy Ridley, Michelle Pfeiffer, Willem Dafoe, Lucy Boynton, Josh Gad, Manuel Garcia-Rulfo, Tom Bateman, Derek Jacobi, Phil Dunster, Sergei Polunin, Leslie Odom Jr., Marwan Kenzari, Gerard Horan, Miranda Raison, Adam Garcia, Joseph Long, David Annen, Elliot Levey, Kathryn Wilder, Harry Lister Smith, Hayat Kamille, Todd Boyce, Andy Apollo, Michael Rouse

PAESE: USA

DURATA: 114 Min

DISTRIBUZIONE: 20th Century Fox

Dopo più di quarant’anni, torna sullo schermo la trasposizione del celeberrimo libro di Agatha Christie: Assassinio sull’Oriente Express.

A riportarlo in scena è l’attore, che ne cura anche la regia, Kenneth Branagh.

Ad accomunarlo ad più celebre investigatore del mondo sono i suoi baffi, esageratamente lunghi. È difficile scrollarsi di dosso l’immagine dell’ “originale” Hercule Poirot, uomo basso, grassoccio, con capelli impomatati e scuri, e rimpiazzarlo con il Poirot interpretato da Branagh stesso che, forse per camuffare le differenze, ha enfatizzato ancora di più i baffi rendendoli esagerati. Ma l’istrionico Branagh non è riuscito a mimetizzarsi ma ha fatto prevalere il suo essere egocentrico rendendo il Poirot belloccio, in barba al gran lavoro di make up fatto su Finney, il primo Poirot, affascinante di suo ma reso bruttino proprio per interpretare l’investigatore descritto da Christie.

Oltre a queste differenze “estetiche”, ovviamente volute per evitare l’effetto fotocopia con l’originale, il regista ha un po’ stravolto il capolavoro di Christie. Sarebbe stato di certo più semplice copiare il film di Lumet, ma così lo si stravolge un po’ troppo. Certo, per chi non ha visto il film di Lumet, questo risulta essere un bel film di intrattenimento, ma in quanto a suspense, a dettagli rilevanti, a narrazione della scena, pecca un bel po’.

La trama, ovviamente, è pressoché la stessa, l’incipit è diverso, ed è proprio dall’inizio che emerge l’egocentrismo di Branagh, che si paragona addirittura a Dio.

 

La sinossi:

Gerusalemme, 1934. Il detective belga Hercule Poirot risolve un furto alla chiesa del Santo Sepolcro ritrovando la reliquia rubata, se non l’avesse fatto si sarebbe potuta scatenare una guerra tra gli appartenenti alle diverse religioni.

Poirot è ossessionato dall’equilibrio e dall’ordine nella vita tanto da controllare perfino la simmetria di due uova sode portategli a colazione. È in grado di vedere il mondo per come dovrebbe essere e non per come è, considera questa sua capacità molto utile nel risolvere i casi, specie quando si tratta di smascherare una bugia con la verità. A seguito del caso a Gerusalemme, desidera riposare a Istanbul ma deve tornare inaspettatamente a Londra per un altro caso e trova sistemazione, seppur a fatica, grazie al suo amico direttore del treno, sul Simplon Orient Express che collega Istanbul-Trieste-Calais. Ma il viaggio non fila liscio come dovrebbe: un misterioso omicidio commesso sul treno mette alla prova le sue capacità deduttive.

Una valanga di neve blocca il treno durante il viaggio e questo da’ il tempo a Poirot di investigare, analizzare e scoprire chi, tra i 12 passeggeri, ha commesso il brutale omicidio del , seppur cattivo, Ratchett (Johnny Deep).

Un indizio rivelatore porterà alla scoperta che il vero nome della vittima era l’italiano Cassetti, un assassino in fuga dalla giustizia americana perché accusato del rapimento a scopo di estorsione e dell’omicidio della piccola Daisy Armstrong, avvenuto anni prima (l’episodio si ispira alla tragedia che colpì il noto aviatore statunitense Charles Lindbergh, il cui figlioletto Charles III di un anno e mezzo fu rapito e brutalmente ucciso nel 1932), uccisione che in seguito aveva provocato indirettamente altre morti fra le persone a lei vicine.

Gli indizi che Poirot trova sono diversi, ed ognuno appartenente ad un ospite, persino lo stesso Poirot ritrova, nella sua valigia, uno degli indizi necessari per scoprire il colpevole.

Nonostante la trama molto intricata, non c’è tanta suspense, Branagh si è concentrato di più sull’apparenza, apparenza dei personaggi, sul modo di interrogare, sul paesaggio, su se stesso.

Tutto questo egocentrismo ha portato a mettere in secondo piano un cast eccezionale tra il quale risalta, forse la più convincente, l’attrice Michelle Pfeiffer, nei panni di Caroline Hubbard, una vedova americana schietta e impertinente.

Oltre alla Pfeiffer sono presenti Penelope Cruz, che interpreta una missionaria e infermiera spagnola, personaggio non presente nel libro originale, poi c’è Willem Dafoe, austero professore austriaco, Josh Gad, che è McQueen, assistente di Ratchett ed altri bravissimi attori.

Persino nel finale l’egocentrismo di Branagh si è fatto notare: mentre il Poirot – Finney ha lasciato la scelta della “verità da raccontare” sull’assassino al direttore della compagnia, il Poirot – Branagh decide da solo quale verità raccontare ai poliziotti, e diciamo che questa “verità” non è paragonabile all’insegnamento che ci ha lasciato il “giusto” Socrate, seppur umanamente accettabile.

Commercialmente il film è molto valido, infatti non solo è primo ai botteghini, ma la stessa 20th Fox ha già scritturato Branagh per il sequel, l’altro famoso libro della Christie: Assassinio sul Nilo.

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