CONTROFIGURA

Spettacolo andato in scena al Teatro Tordinona, dal 21 al 26 gennaio 2025

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Teatro Tordinona
Controfigura

liberamente ispirato a “Come tu mi vuoi” di Luigi Pirandello
ideazione e regia di Christian Angeli
drammaturgia di Antonello Toti

con
Patrizia Bernardini nel ruolo di Sasha/L’Ignota
Andrea Lami nel ruolo di Borislav
Simone Destrero nel ruolo di Faruk
Francesco Polizzi nel ruolo di Goran
Vittoria Vitiello nel ruolo di Milena

luci Massimiliano Maggi
musiche Federica Clementi
spazio scenico Claudia De Palma, Giorgia Loser
tecnico luci Ettore Bianco
aiuto regia Antonio Candalice, Veronica Castiello, Rachele Verzelli
esecutore delle musiche Francesco Briotti
produzione Fattore k e Scostumato Teatro
Un ringraziamento a Marjiana Ugrica Production
Fattore K
Scostumato Teatro
 
In scena dal 21 al 26 gennaio 2025

Intro: La vita di Sasha, un’ex controfigura ora datasi al porno, viene sconvolta dall’arrivo di un uomo che le rivela informazioni su un passato che lei non ricorda.
La donna inizia un’indagine personale, tra Belgrado e Sarajevo, per scoprire la verità su se stessa, mentre un’ignota figura attende nell’ombra di prendere il posto che le spetta e mentre le ferite lasciate da una guerra fratricida faticano a rimarginarsi…

«Sono come una marionetta rotta, con gli occhi caduti al di dentro». Questa frase di un malato mentale conta più dell’insieme delle opere di introspezione
Emil Cioran, “Sillogismi dell’amarezza”

Identità perdute. Vuoto mentale. Rimozioni. Maschere da indossare in pubblico. Transfert emotivi. Una personalità di cui faticosamente riappropriarsi. Potrebbero essere queste le coordinate di Controfigura, lo spettacolo ideato e portato in scena da Cristian Angeli, sulla falsariga del classico pirandelliano Come tu mi vuoi, traslato grazie all’accorta drammaturgia di Antonello Toti dalla sua cornice di primo Novecento a una di fine secolo, laddove il sanguinoso conflitto nell’ex Yugoslavia può offrire un valido canovaccio per chiunque voglia riaprire un discorso sull’identità. Quella personale, evidentemente, ma anche quella collettiva se non esplicitamente europea.
Tra gli elementi che ispirarono Luigi Pirandello vi era del resto un noto fatto di cronaca, il caso del cosiddetto “smemorato di Collegno”, nella così libera rielaborazione compiuta in Controfigura sono invece i fantasmi della guerra in Bosnia a creare lo sfondo adatto, affinché le tare dei protagonisti riemergano da un passato oscuro, tormentato, contraddittorio.

Questa faticosa riemersione di storie, perlopiù frammenti di vissuto che trovano a stento una collocazione stabile, avviene peraltro sul palco del Teatro Tordinona (dove siamo riusciti a intercettare lo spettacolo proprio al termine della programmazione, lo scorso 26 gennaio) in un contesto scenico volutamente disadorno, spoglio, severo, segnato giusto dalla presenza dei sacchi di iuta sospesi in aria. Un po’ come se i vuoti in scena riflettessero quelli della mente e potessero essere riempiti soltanto dalle schermaglie verbali tra i protagonisti.
Ecco, i personaggi: la sempre intensa, poliedrica Patrizia Bernardini è Sasha, controfigura e attrice di film pornografici, che a Belgrado mantiene col suo lavoro il compagno di vita Goran (Francesco Polizzi), ex soldato costretto sulla sedia a rotelle in seguito alle ferite riportate nel conflitto serbo-bosniaco. In Serbia con loro vi è poi Milena (Vittoria Vitiello), figlia di Goran, ma morbosamente infatuata della matrigna. Mentre nelle campagne intorno a Sarajevo, assieme al nipote Borislav (Andrea Lami) che gli farà da intermediario nello spinoso caso famigliare ,vive Faruk (Simone Destrero), agricoltore bosniaco musulmano, che spera di ritrovare la moglie persa durante la guerra e penserà d’averla ritrovata in Sacha, vittima delle proprie amnesie e di un atteggiamento sempre più passivo nei confronti della vita stessa.

Questo pazzesco incrocio di esistenze, che ha il suo fulcro in Sacha, viene messo in scena puntando i riflettori sullo spirito turbato della donna, che sarà costretta nel corso dello spettacolo ad abbandonare determinate identità per abbracciarne altre, magari anche provvisorie, nella disperata ricerca di una nuova collocazione nel mondo. Le prossemiche tra gli attori diventano perciò importantissime, come pure la loro relazione col pubblico, chiamato così a testimoniare una sorta di seduta terapeutica di gruppo; laddove gli stessi accorgimenti meta-teatrali, l’uso espressionista delle luci in scena nonché quello del sonoro, chiamato a rievocare i trascorsi bellici, si intrecciano in modo fecondo lasciando che l’anima della protagonista e di chi le sta vicino venga messa a nudo. Talvolta puntando con maggior decisione sulla potenziale drammaticità delle scelte, talvolta attraverso una provvidenziale, salvifica ironia.

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