Spettacolo di Maria Grazia Aurilio e Tiziana Sensi
Supervisione alla regia Caterina Gramaglia
Video Nuvole Rapide Produzioni
Assistente alla regia Emilio Francesco Russo
Costumi Ilaria Ceccotti
Luci Flavio Perillo
Foto Daniele Pedone
Comunicazione social Vibra Agency
Grafica mdesign studio

Dal buio emerge una figura dai tratti cyberpunk. Rappresenta il web, i social, l’algoritmo. E’ un breve monologo di grande forza, inquietante, assoluto e definitivo: non è un’ammonizione perché per questo è già tardi, il suo dominio sulle masse si è ormai imposto.
Al pubblico ancora turbato, un istante dopo che si sono accese luci più calde sul palcoscenico, si presenta Tiziana Sensi, il tempo di mettere via l’elaborato costume e di ricreare un’atmosfera più intima e serena. Lo fa dialogando con quella che sarà un po’ la sua spalla per la serata, il tecnico Flavio Perillo, e parlando col pubblico cui si rivolge più volte, esortandolo a partecipare al monologo. E’ anche un modo per tenere alta l’attenzione, perché pur cominciando con un tono volutamente più vicino alla commedia, e un pizzico di sana nostalgia, ci si sta per addentrare in una interessantissima e molto seria disamina di quella che è la rivoluzione digitale, qualcosa che stiamo ancora vivendo e di cui le nuove generazioni, forse, non hanno piena consapevolezza non avendo vissuto in prima persona quello che era il mondo “analogico”.
E si parte proprio da ciò che è l’inclinazione personale, il talento, quello che ci preme da dentro l’anima, il “daimon”: una guida spirituale che nostro malgrado si manifesta d’improvviso illuminando il destino. Tiziana Sensi ha cominciato da una spazzola per capelli che, per lei bambina degli anni Ottanta, diventava un microfono tramite il quale esibirsi di fronte ad un pubblico immaginario, nella sua stanza. E poi, dalla provincia, l’approdo alla scuola di recitazione, destinazione Roma, irrimediabilmente attratta dal palcoscenico. Attorno a lei ancora non c’era Internet, non esistevano gli smartphone né tantomeno i social: la sua vita, quella di noi tutti, era scandita da ritmi, abitudini e comportamenti profondamente diversi da quelli odierni, così vicini nel tempo eppure così lontani dalla società contemporanea, tanto da apparire remoto, perfino preistorico da alcuni punti di vista. C’era il gioco per la strada, il telefono a disco (che in casa veniva bloccato con il lucchetto) e quello pubblico che funzionava con gli indispensabili gettoni. E poi i racconti delle clienti di sua madre, parrucchiera, che lei ascoltava imparando da loro. Un necessario, costante contatto con la realtà all’esterno della propria abitazione tramite cui si cresceva.

Oggi il “daimon” avrebbe modo di farsi sentire? O c’è una certa omologazione, una certa tendenza a schiacciare, soffocare invece i nostri “daimon”? Nonostante gli innegabili vantaggi che la tecnologia ci offre, infatti, qualcosa di molto importante, di fortemente umano e vero, sembra essere stato sfortunatamente lasciato indietro.
Scritto dalla stessa Tiziana Sensi assieme a Maria Grazia Aurilio, questo spettacolo è andato in scena lo scorso 23 gennaio al Teatro Marconi di Roma in una forma parzialmente rivista, corretta e accorciata rispetto alle precedenti repliche. La forza del testo, che avevamo già avuto modo di apprezzare in passato, rimane immutata, sempre incisiva e provocatoria. Come non farsi domande mentre poco per volta, anche grazie a contributi video trasmessi direttamente sul fondale, veniamo messi di fronte alle storture che sono emerse dall’universo digitale e virtuale? A preoccupare in modo particolare è la dipendenza che abbiamo sviluppato nei confronti del telefonino che portiamo in tasca: non possiamo farne a meno, lo tocchiamo continuamente e lo osserviamo in modo compulsivo alla ricerca di risposte, follower, like e tutto quella serie di cose che sono state create appositamente per titillare i nostri neuroni, per dare piacere al nostro cervello. Una reazione puramente biologica che però ci rende schiavi delle endorfine, costretti senza accorgercene in modo cosciente a ripetere gesti compulsivi. A farne le spese è lo sviluppo del nostro cervello, organo in evoluzione incessante, soprattutto quello dei bambini che a causa dell’eccessiva interazione con gli strumenti tecnologici, con i monitor e le funzioni “touchscreen” non sviluppano parti del cervello di fondamentale importanza, come per esempio quella legata all’empatia. Senza contare la soglia d’attenzione che si sta paurosamente abbassando e la deriva sconcertante che ruota attorno al fenomeno degli “influencer”, spesso protagonisti di video di bassissima qualità, veicolanti messaggi sciocchi, superficiali quando non addirittura nocivi.
Il nostro compito, anche se assuefatti da questo bombardamento multimediale sembriamo averlo dimenticato, è cercare di utilizzare il meglio di quello che la tecnologia contemporanea ci mette a disposizione, sfruttarne le utili potenzialità senza però perderci in questo velenoso sentiero che conduce all’ottusità e all’inettitudine. Non è né così scontato né così facile come sembra.
Al termine, mentre Tiziana Sensi si commuove ricordando i rapporti più umani che appaiono irrimediabilmente persi nel passato, riaccendere il telefonino ed osservarlo con serenità è davvero difficile.
Massimo Brigandì
