Estremo centro

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“Nell’inerzia degli schiavi ha, il potente, la sua arma migliore.”

La premessa é interessante: la Totàlia, stato Eutropèo, vive un periodo di crisi economico – sociale che il popolo attribuisce alla mediocre gestione del sistema da parte degli ultimi governi. È tempo di elezioni e tutti i partiti sono impegnati nelle proprie campagne. In questo contesto, sotto il controllo di una sensuale e feroce eminenza grigia, nasce la Coalizione dell’Estremo Centro, che vede la fusione di due forze politiche dalle tradizioni storiche un tempo ideologicamente opposte fra loro. E’ il Teatro Trastevere a presentare lo spettacolo “Estremo Centro”, opera prima teatrale del giovane talento Alessandro Pace, musicista, film-maker, artista polivalente sulla scena contemporanea italiana. Al Festival de Cannes 2015 ha presentato il cortometraggio “La leggenda del muto organetto”, in cui, nelle scelte stilistiche, è evidente la forte predisposizione per l’uso del grottesco e del fiabesco per descrivere metaforicamente la realtà più cruda.

 

ESTREMO CENTRO è una favola politica moderna, che  rappresenta,  con leggerezza e ironia, alcuni aspetti di un odierno sistema socio-culturale, appiattito troppo spesso su formule di ipocrisia e apparenza. È una metafora sulla contrapposizione fra le scelte di una politica volta alla conservazione del potere e quelle, apparentemente libere, di un popolo inconsapevolmente condizionato dai messaggi subliminali della comunicazione di massa. I connotati immaginifici della “fiaba” consentono in fase di  rappresentazione scenica di affrontare un argomento complesso con scioltezza, estrosità e un pizzico di innocente irriverenza.

La narrazione è lungi dal prendere le parti di una fazione politica, né vuole assumere atteggiamenti moralistici e didascalici, ma intende semplicemente fornire, attraverso il divertimento e il piacevole intrattenimento, alcuni spunti di riflessione sulla organizzazione del consorzio umano. In questa dimensione fantastica, lo smarrimento delle identità ideologiche, sacrificate alle strategie di conquista del potere, viene dissolto in una suggestione utopica di ottocentesca memoria.

È la personificazione della “fantasia” che soppianta il dominio politico e finanziario accompagnandosi ad una liberatoria “risata”, metaforica risposta di vitalità e non violenza. Così, i nomi, i luoghi, le vicende e i personaggi che attraversano la storia sono straordinari e fantastici, a volte improbabili, assurdi e, per lasciare ampio spazio all’immaginazione, finalizzati ad una narrazione “senza tempo”.

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