Roma, 19 Dicembre 2014, Teatro Vascello
Andrea Rivera torna a teatro con un nuovo spettacolo dal titolo “Ho Risorto“, sul palcoscenico del Teatro Vascello fino al 4 Gennaio 2015.
Uno spettacolo nuovo per l’attore romano, accompagnato dal musicista Matteo D’Incà, ove sono presenti gli elementi principali dell’essenza del Rivera, quell’essenza irriverente, pungente ma al contempo divertente che lo caratterizza.
Satira, poesia e pensieri che si trasformano in musica, grazie alla chitarra dello stesso Rivera, unita a quella del musicista D’Incà, lo stesso che si presta talvolta come spalla, una seconda voce sul palcoscenico del teatro Vascello, ove persino il pubblico è invitato a prendervi parte, ma rigorosamente a sorpresa, senza uno schema predefinito.
Difatti, tutto ci si può attendere dal Rivera, nessuno è al riparo nella platea.
Ed è con questa formula che lo spettacolo “Ho Risorto” diviene unico in ogni serata in cui va in scena. Nulla quindi è standardizzato, ma modellato sul mood degli spettatori (e dello stesso Rivera) che si trasformano in attori.
Fa molta paura avere il riflettore delle luci puntato sul viso, ma nulla in confronto a quanto sia essere protagonisti della propria vita, consapevoli del mondo che ci circonda e di quello che accade intorno.
Una coscienza che mira così nell’essere svegliata da quel torpore in cui ci si immerge, per avere così una visione del mondo differente. Uno sguardo diverso ove porre la propria attenzione, ma al contempo senza perdere di vista la realtà e la concretezza della stessa. Talvolta i supereroi sono proprio quelli che nel quotidiano riescono in imprese del tutto naturali, quelle stesse che però sembrano perdersi nel nulla, poiché distolti da una percezione della realtà troppo ristretta al proprio universo.
Questo dunque il compito del Rivera che con i suoi pensieri in musica, tra satira pungente sui temi d’attualità e sul viver quotidiano comune, irrompe in temi più grandi ed universali, che coinvolgono gli abitanti di questo pianeta.
Facile quindi dimenticare le lotte di chi soffre soltanto poiché distanti da noi. Il solo ricordare può in qualche modo indurre ognuno a fare delle scelte sensate, delle scelte collettive (che dir si voglia) delle quali possano beneficiarne tutti.
Così tra uno spunto e l’altro della quotidianità sempre più frenetica e vacua per il Rivera, ecco che il cuore predomina quando le parole sottolineano la sofferenza dei bambini in guerra, prendendo spunto proprio dall’infanzia dell’attore. Un fanciullo che ancora esiste nel Rivera e che, con gli occhi di un bambino, cerca di comprendere questo strano mondo.
Tra filmati, fotografie, ricordi e le classiche domande al citofono che hanno in qualche modo reso più noto il Rivera al grande pubblico, lo spettacolo prende una piega inaspettata, non delineata.
Il pubblico non sa dove l’attore lo condurrà, ma senz’altro avrà l’occasione di immergersi nei panni dell’attore, tra strofe e rime, canzoni e musica, per quel teatro d’autore, per quel teatro d’azione, per quel teatro che fa riflettere e pensare.
Non mancano di certo neanche i riferimenti alla sua amata città natale, ovvero Roma, con il monologo sui quartieri della Capitale, ma anche con video e interviste nei quartieri popolari, tra le vie del centro storico, ove il dialogo con la città diviene naturale e verace, come lo stesso attore.
A comparire sul palcoscenico anche la piccola Pigna, la cagnolina del Rivera, divenuta una compagna inseparabile del suo quotidiano, su e giù dal palco.
Il Rivera conclude il suo spettacolo con qualcosa di inaspettato, una sorta di confessione, un pensiero intimo, ove il pubblico non potrà far altro che dare il suo applauso.