Il cinema di Gianni Virgadaula al Caffè Letterario di Roma

Giovedì 12 settembre (ore 20) verrà proiettato il più noto lungometraggio del regista siciliano, “Lèmuri, il bacio di Lilith”, già in concorso alla prima edizione di Indiecinema Film Festival.

Il ritorno di Indiecinema Film Festival al Caffè Letterario di Roma si arricchisce di un altro evento molto atteso. Aveva partecipato alla prima edizione del festival nella sezione lungometraggi, ma per via del “lockdown” e delle altre restrizioni pandemiche non era stato possibile proiettarlo “in presenza”: Lèmuri, il bacio di Lilith è un film molto caro al direttore artistico dell’autarchica manifestazione cinematografica, Stefano Coccia, che lo riproporrà nel locale di Via Ostiense 95 giovedì 12 settembre, evento previsto per le 20 circa, alla presenza dell’autore Gianni Virgadaula, regista siciliano di passaggio nella capitale per le riprese del suo nuovo lavoro.

Per capire meglio l’unicità di un’opera come Lèmuri, datata 2008 ma in pratica senza tempo, riportiamo volentieri un estratto della recensione che gli dedicò, non molti anni fa, Daniele De Angelis sulla rivista CineClandestino:
Parte da lontano un’operazione cinematografica come quella che ha portato alla realizzazione di Lèmuri, il bacio di Lilith. Non solo perché il lungometraggio – recuperato per il concorso della nuova sessione di IndieCinema 2021 – è in effetti datato 2008; soprattutto perché è negli albori della Settima Arte che l’opera diretta dal siciliano Gianni Virgadaula trova la sua autentica ragion d’essere. Una rivisitazione, cioè, estremamente accurata in chiave filologica del Mito del Vampiro girata come si trattasse di un film dell’epoca del muto, con tanto di didascalie nonché commento musicale “invadente” a sottolineare i principali momenti narrativi dell’opera. Un ritorno al passato quantomai necessario allo scopo di ritrovare inquietudini ed angosce perdute, troppo spesso oggi sacrificate sull’altare di un overdose di immagini – non solo cinematografiche, purtroppo – destinate a ridisegnare i confini ultimi di ciò che è ancora possibile definire orrorifico.

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