REGIA: Alessandra Pescetta
SCENEGGIATURA: Alessandra Pescetta, Giovanni Calcagno (soggetto liberamente ispirato al racconto “La pace di chi ha sete e sta per bere” di Francesca Scotti)
FOTOGRAFIA: Massimo Foletti
MUSICHE: Berserk!
COSTUMI: Monica Henriquet
MONTAGGIO: Alessandra Pescetta
CAST: Maya Murofushi, Giovanni Calcagno
PAESE: Italia / Regno Unito
PRODUZIONE: La Casa dei Santi in collaborazione con Rare Noise
DURATA: 87 Min
TRAMA: Il disastro alla centrale nucleare di Fukushima è divenuto per Mariko, bella modella giapponese, un incubo insopportabile. Profondamente depressa, non riesce più a dormire. Sollecitata dalla richiesta insistente di Salvatore, il suo ex fidanzato italiano, Mariko raggiunge la Sicilia. La nuova convivenza diviene da subito il terreno di una reciproca incapacità comunicativa. Salvatore crede di poterla facilmente immettere nel suo ambiente, mentre lei si dispone in una difesa passiva in cui, oltre al sonno, inizia a rifiutare il cibo. Fino a quando i due si accorgono che Mariko riesce a recuperare una parvenza di normalità, cullata nella notte dalle luci di una città sconosciuta. Il giorno diventa allora per Mariko una frontiera che la rinvigorisce, nella quale la sua creatività di fotografa può rileggere diversamente i simboli e i significati della sua vita. Salvatore diventa il suo autista notturno che, gradualmente privato del sonno, sacrifica il proprio riposo per la vitalità della compagna. Per loro ha così inizio un nuovo viaggio alla ricerca di un luogo vero o immaginario dove ritrovarsi, amarsi e capirsi…
Dopo la positiva accoglienza ricevuta a settembre, il primo lungometraggio diretto da Alessandra Pescetta è stato ancora in programmazione all’Azzurro Scipioni per gran parte dello scorso autunno, nelle giornate di domenica e venerdì. Non possiamo far altro che lodare lo storico cineclub della capitale, per una scelta che rende parzialmente giustizia a questa emozionante e preziosa opera cinematografica, che meriterebbe senz’altro una circuitazione più ampia. Sì, perché La città senza notte è veramente un’anomalia nel panorama italiano. Un esempio di cui fare tesoro. Quantomeno per tenere a mente che la volontà di sperimentare sui mezzi espressivi, l’interesse stesso per la cura e la ricercatezza dell’inquadratura, se indirizzati verso una traccia narrativa eterea ma in grado di generare forti e inusuali emozioni, possono conferire a un prodotto orgogliosamente indipendente, per quanto minimale sia il budget, l’impronta artistica del miglior cinema d’autore europeo.
In La città senza notte la forte tensione emotiva che avvolge i due protagonisti fa scaturire, sin dall’inizio, immagini di una plasticità evidente, sinuosa, che intervallano la narrazione proponendosi come frammenti affini alla videoarte. Lo spunto affinché ciò avvenga è dato sia dalla presenza di un personaggio, la giapponese Mariko, che trova rifugio nel riprendere anche in Italia le proprie sperimentazioni artistiche, sia nella particolarissima condizione esistenziale che lei e il suo uomo stanno vivendo: il loro peculiare modo di affrontare le ore notturne sfocia in alcune sequenze, sempre più sospese, oniriche, liminari, la cui enigmatica bellezza crea un effetto conturbante. Effetto sublimato, poi, dalle ipnotiche musiche dei Berserk. Del resto tutta la loro relazione è in qualche modo dominata da un fantasma potente, quello del disastro ecologico e umanitario di Fukushima, rievocato più volte. E nell’interiorizzare l’eco di tale tragedia lo sguardo della regista Alessandra Pescetta, così penetrante ed acuto, non pare certo dimentico della lezione offerta qualche decade fa da un maestro come Alan Resnais, in Hiroshima Mon Amour.
I due protagonisti Maya Murofushi e Giovanni Calcagno accompagnano bene tale viaggio introspettivo. Per quanto riguarda quest’ultimo, attore già apprezzato in film come Noi credevamo, La città ideale, La nostra terra e il racconto dei racconti, importante è stato anche il contributo da lui dato al momento di elaborare il soggetto, che si ispira peraltro a un racconto di Francesca Scotti. Il film resta forse più debole nei momenti in cui il suo personaggio si stacca da Mariko per confrontarsi col proprio ambiente lavorativo, diurno, di sicuro più anonimo e scialbo. Ma gli basta scivolare nuovamente nella notte o nell’immaginario artistico, per riacquisire tutta quella carica visionaria e riflessiva che l’autrice ha saputo conferirgli.