FOO FIGHTERS – CONCRETE & GOLD – ROSWELL, RCA – 2017
Produzione: Greg Kurstin & Foo Fighters
Formazione: Dave Grohl – voce e chitarra; Nate Mendel – basso; taylor Wawkins – batteria; Rami Jeffee – tastiere
Titoli: 1) T-shirt; 2) Run; 3) Make it right; 4) The sky is a neighborhood; 5) La dee da; 6) Dirty water; 7) Arrows; 8) Happy ever after (zero hour); 9) Sunday rain; 10) The line; 11) Concrete & gold
Un album onesto questo nono capitolo di questi Foo Fighters, il gruppo in cui si è abilmente riciclato Dave Grohl dopo la fine del sogno Nirvana.
Onesto e spensierato perchè ormai libero da obiettivi radiofonici o commerciali, tenta di riscoprire il rock più classico, quello con cui sono cresciti gli attuali cinquantenni e sessantenni. Abbastanza eterogeneo rendendo conto a Pink Floyd, Beatles e tanti anni ’70, ma nonostante questo (o forse proprio per questo?) sano, naturale, autentico. L’attenzione al buon vecchio riff non manca, e qui una spanna al di sopra di tutto il resto va piazzata Make it right, un riff che strapazza ma solletica anche. Chi ha detto Led Zeppelin? La voce di Grohl in qualche passaggio sembra ispirarsi al Paul Stanley di parecchi anni fa. La conclusiva Concrete & gold col suo cantato sbiascicato trasuda Pink Floyd dall’inizio alla fine, passando attraverso le parti orchestrali.
Oppure La dee da, quasi metal dall’avvio acido che presenta urli distanti alla Steven Tyler e poi voci filtrate; oppure ancora la più ruffiana The sky is a neighborhood. Tracce pesantemente psichedeliche rilevate in Happy ever after (zero hour)
Certo, non tutti i pezzi presi uno per uno fanno gridare al miracolo: l’avvio lento di Dirty water non entusiasma, come la lamentosa Run. Neanche un buon numero di special guests basta però a lanciare questo disco oltre un normale applauso per il mestiere e per l’onestà: alcuni brani sono onestamente lontani dall’essere epocali, perfino Sunday rain, in cui nientemeno che Sir Paul McCartney si siede alla batteria, non lascia traccia di sè. I sussurri di Grohl si appoggiano su una sezione ritmica che pretenderebbe di essere accattivante ma che alla fine risulta un pò ripetitiva.
In definitiva con questo disco, dopo il grande progetto (riuscito solo in parte) di Sonic highways che a questo punto va considerato un capitolo a parte, tornano dignitosamente sul proprio territorio, e lo marcano nel complesso bene, non andando però oltre quei due o tre brani che potranno resistere alla prova del tempo.
Alessandro Tozzi