Doveva essere un’adozione, invece è andata a finire in comunione dei beni. Il nuovo accordo siglato tra Sky e Mediaset segna un cambio di rotta nella strategia pensata da Silvio Berlusconi per il figlioccio Mediaset Premium, una zavorra nel bilancio del Biscione sin dalla sua nascita. Istituita nel 2014 dall’unione di Mediaset e Telefonica, la divisione Premium avrebbe dovuto portare i primi utili nell’anno successivo. Non è stato così. Nel 2015 il digitale terrestre, appesantito dai diritti di trasmissione della Champions League, segna un rosso di 83,3 milioni di euro. Il 2016 è l’anno dell’accordo con Vivendi, la prima prova di adozione. Finisce malissimo. L’ad Vincent Bollore si sfila dall’accordo e inizia una scalata ostile che approda in tribunale. Le ambizioni francesi costano a Mediaset 341,3 milioni di euro in maggiori spese.
Oggi invece spunta un nuovo accordo con l’arcinemico di sempre, il gruppo Sky di Rupert Murdoch. Non sono ancora disponibili tutti i dettagli di questa stretta di mano, ad oggi siamo ancora agli annunci. Da quel che si legge nelle note ufficiali che i rispettivi gruppi hanno pubblicato, l’accordo dovrebbe configurarsi come una sorta di intreccio: i canali cinema e serie tv di Mediaset Premium saranno disponibili per i clienti Sky anche sul satellitare senza costi aggiuntivi. Dunque chi ha acquistato il pacchetto Sky cinema potrà vedere anche i canali Premium Cinema, Premium Cinema +24, Premium Cinema Energy, Premium Cinema Emotion e Premium Cinema Comedy. Nel pacchetto serie tv verranno invece incluse Premium Action, Premium Crime, Premium Joi e Premium Stories. Dal canto suo, Sky affitterà le infrastrutture di Ei Towers, società del gruppo Mediaset, per proporre un prodotto pensato per il digitale terrestre che unisce i canali cinema e serie tv di entrambi i gruppi e che potrebbe includere anche lo sport.
Una pace concordata tra due competitor che ha un sapore più strutturale rispetto al recentissimo accordo che il gruppo Murdoch ha appena siglato con Netflix sul mercato europeo. In quell’occasione, infatti, la piattaforma streaming ha concesso a Sky di trasmettere i propri prodotti sul satellitare, ma non il contrario. Il gruppo Sky è evidentemente restio a cedere ai competitor certi gioielli di famiglia, come le produzioni Gomorra e The Young Pope che resteranno per ora visibili solo ed esclusivamente sul satellitare. Non è chiaro se nel pacchetto di canali che Sky sta pensando per il digitale terrestre, attivo dal 1 giugno 2018, verranno inclusi anche i canali Sky Cinema1 e Sky Atlantic (quelli di Gomorra e Sorrentino), o Sky Uno, che manda in onda MasterChef e XFactor. Nella comunicazione ufficiale del gruppo Murdoch si parla di una generica “selezione dei canali Sky e Fox con i 9 canali targati Mediaset”.
Nel comunicato pubblicato da Mediaset, però, si legge qualcosa di più: “per conseguire l’obiettivo di accelerare e completare il processo di digital transformation in atto, Mediaset potrebbe valutare l’opportunità di ampliare il perimetro della partnership con Sky Italia all’area “Operation pay”, e cioè ad ambiti come la manutenzione tecnica, l’accesso condizionato, l’assistenza ai clienti, le attività commerciali e altre analoghe attività operative così da poter conseguire, in futuro, ulteriori benefici economici”. E ancora: “con questa finalità Mediaset ha ottenuto da Sky Italia il diritto di opzione (senza obblighi di esercizio da parte di Mediaset) a cedere all’operatore satellitare, in una finestra temporale compresa fra novembre e dicembre 2018, l’intera partecipazione in una Newco nella quale sarà previamente conferito da Premium il ramo d’azienda costituito dalla piattaforma tecnologica di Premium”. Tradotto in italiano spicciolo, significa che Mediaset ha intenzione di scorporare tutto il comparto tecnico di Premium (dunque assistenza clienti, manutenzione e attività commerciali per un totale di 180 dipendenti) in una Newco che poi verrà ceduta a Sky tramite diritto di opzione. Nelle mani di Mediaset, si precisa, rimarranno la linea editoriale e gli abbonati.
I vantaggi economici si registreranno per entrambi i gruppi. Aumentando i canali di trasmissione (satellitare e digitale terrestre), aumenteranno anche gli spettatori, e dunque i ricavi pubblicitari. E questa è una vittoria soprattutto per Mediaset. Se, come sembra, il Biscione cederà a Sky anche il comparto tecnico, potrà alleggerirsi in parte della zavorra Premium. Nell’attesa di ottenere ragione in tribunale contro i francesi di Vivendi, pare che l’ex cavaliere di Arcore abbia optato per una cessione a pezzetti. Tra un Vivendi fuori controllo e una Rai che resta a guardare, non resta che affidarsi al peggior nemico, Sky. E lasciarsi nelle mani le infrastrutture del digitale, il ruolo da editore e la tv in chiaro, in cui il Biscione è da sempre campione e a cui pensa di dedicare un nuovo canale, al tasto 20 del telecomando.
Dall’altra parte Sky continua a portare avanti la sua politica espansionistica. Dopo l’accordo con Netflix, il 29 marzo arriva il contratto con Open Fiber, società guidata a metà tra Enel e Cassa Depositi e Prestiti che gestisce le infrastrutture della fibra ottica. Un accordo che permetterà a Sky di sfruttare al massimo la tecnologia di Sky Q, il nuovo decoder che funziona sia tramite satellite che via internet. Dunque il gruppo Murdoch si muove su più fronti (streaming, digitale e pay tv) offrendo ai propri clienti la possibilità di usufruire dei prodotti Sky, Netflix e Mediaset con un solo abbonamento. Allo stato attuale, l’unico operatore televisivo a garantire questo tipo servizio. E ciò modifica profondamente il suo ruolo all’interno del mercato italiano. E non è un affare di poco conto.