SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE

Il classico di Pirandello in scena al Teatro Marconi il 24 luglio, per la rassegna “Marconi estate”


Di Luigi Pirandello
Regia Claudio Boccaccini
Compagnia Ass. Cult. Pex
Con Felice Della Corte, Silvia Brogi, Claudio Boccaccini. Marina Benetti, Gioele Rotini, Marco Lupi, Titti Cerrone, Marco Pratesi, Andrea Meloni, Jessica Agnoli, Fabio Orlandi, Fabio Crisafulli e Asia Maria Iannilli
Costumi: Lucia Mirabile
Scene: Eleonora Scarponi

Luci: Andrea Goracci

In calendario per “Marconi estate”, il 24 luglio al Teatro Marconi

INTRO: “Sei personaggi in cerca d’autore” è molto probabilmente l’opera più famosa di Luigi Pirandello e, di sicuro, quella che più di ogni altra ne compendia e sintetizza le tematiche, i climi, le suggestioni. L’opera debuttò nel 1921 e il pubblico rimase talmente sconcertato che alla fine dello spettacolo contestò violentemente lo stesso autore presente in sala al grido, come si sa, “Manicomio! Manicomio!”. Quello che continua a stupirci e appassionarci in questa grande opera è altro. Tanto altro. Il “plot” ad esempio, che in Pirandello è sempre geniale, avvincente, appassionante e in questo caso anche ricco di colpi di scena. I personaggi, frutto della fantasia di un autore, risultano più vivi e veri delle persone reali, talmente vivi e veri che invaderanno un giorno il palcoscenico di un teatro interrompendo, con un colpo di scena, la prova di una compagnia e dando inizio così a un’opera considerata a ragione un testo capitale della drammaturgia universale.

Mettere in scena a teatro i “classici” è sempre una grande sfida. Ci siamo accostati però fiduciosi alla rappresentazione di uno dei testi più famosi di Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, programmata il 24 luglio al Teatro Marconi. Sia perché in rassegne come “Marconi estate” abbiamo sempre colto fermenti interessanti, tanto nella resa di quanto scritto da autori ben noti al grande pubblico che nell’esplorazione del panorama drammaturgico contemporaneo, sia perché dalle regie di Claudio Boccaccini c’è sempre da aspettarsi un approccio qualitativamente valido, fondato com’è su relazioni mai statiche tra gli interpreti e su un ritmo ben studiato – ma ben assistito anche dalla cornice scenica – di ciò che un po’ alla volta prende forma sul palco.
Queste prerogative le abbiamo ritrovate, con una verve persino raddoppiata, in Sei personaggi in cerca d’autore. Grazie anche, ovviamente, all’impegno profuso da quel nutrito stuolo di attori, capitanato in un certo senso da Felice Della Corte e dallo stesso Claudio Boccaccini, che ha rappresentato pure nella circostanza una felice miscela di energie più giovani, fresche, ed esperienze teatrali ben formate, mature.

Vista la celebrità dell’opera riteniamo pleonastico soffermarsi troppo sulla trama. Si può semmai accennare al fatto che, così come aveva permesso al cinematografo di affacciarsi nell’immaginario collettivo con il troppo poco studiato Quaderni di Serafino Gubbio operatore, romanzo pubblicato una prima volta nel 1916 col titolo Si gira…, Pirandello seppe poi dare al meta-teatro una veste tanto profonda quanto moderna proprio in Sei personaggi in cerca d’autore, sdoganato non senza polemiche al Teatro Valle nel maggio1921.
Frutto di un raddoppiamento delle parti in scena davvero emblematico, lo studio dei meccanismi della rappresentazione teatrale non è qui qualcosa di teorico, asettico, bensì una formula che va a sondare i legami più profondi tra interprete e personaggio, tra quanto avviene sul palco e il pubblico stesso. All’apparire dei sei ectoplasmatici personaggi alla deriva, che si scoprirà essere il parto di una drammaturgia particolarmente sofferta, nevrotica, la compagnia teatrale odierna mostra almeno inizialmente scetticismo, irritazione, scarsa comprensione ed empatia; per farsi però travolgere, in seguito, dal carico di emozioni (e riflessioni) che quella inaspettata epifania inevitabilmente trascina con sé.

Dal così fluido alternarsi di parole, silenzi e musica in scena, dal calibratissimo uso delle luci nei momenti più intensi e drammatici, dalle quasi impercettibili traslitterazioni del testo in grado di accentuare lo scarto tra il mood contemporaneo e quello che ossessiona i 6 personaggi raminghi, da ottime intuizioni scenografiche come il “velato” ingresso in scena di Madama Pace fino all’effetto così disturbante di uno sparo improvviso e letale, lo spettacolo andato in scena al Teatro Marconi testimonia sia la comprensione non superficiale del sostrato dell’opera, sia la capacità di comunicare tale scoperta al pubblico in modo dinamico e avvincente. Ancora un plauso sincero al cast, quindi, senz’altro in grado di dialogare efficacemente non soltanto sul piano verbale, ma pure tramite il proprio posizionamento sul palco, da cui scaturiscano interazioni vibranti e mai scontate tra le figure più prossime e persino tra quelle poste sul momento a maggiore distanza. Da applaudire, per inciso, anche il salvifico “monologo” improvvisato da Felice Della Corte a fine spettacolo, per redarguire con classe dal sipario oltraggiato l’atteggiamento insopportabile di un singolo spettatore o spettatrice, che per gran parte dello spettacolo ha disturbato attori e vicini di posto con lo schermo luminoso di un cellulare tenuto sfacciatamente acceso. Meno male che almeno Pirandello si è risparmiato certi avvilenti (mal)costumi in voga oggigiorno, siamo portati a pensare che lo avrebbero infastidito più di quei contestatori che a teatro gli urlavano contro “Manicomio! Manicomio!”

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