BLADE RUNNER 2049

 

Regia: Denis Villeneuve

Attori: Ryan Gosling – Agente K, Harrison Ford – Rick Deckard, Ana de Armas – Joi, Sylvia Hoeks – Luv, Robin Wright – Tenente Joshi, Dave Bautista – Sapper Morton, Jared Leto – Niander Wallace, Mackenzie Davis – Mariette, Carla Juri – Dott.ssa Ana Stelline, Lennie James – Mr. Cotton, Sean Young – Rachael, Wood Harris – Nandez, Hiam Abbass – Freysa, Barkhad Abdi – Doc Badger, David Dastmalchian – Coco, Edward James Olmos – Gaff

Soggetto: Philip K. Dick – (personaggi), Hampton Fancher

Sceneggiatura: Hampton Fancher, Michael Green

Fotografia: Roger Deakins

Musiche: Hans Zimmer, Benjamin Wallfisch

Montaggio: Joe Walker

Scenografia: Dennis Gassner

Arredamento: Alessandra Querzola

Costumi: Renée April

Effetti: Gerd Nefzer, Paul Lambert (II), John Nelson, Framestore, Double Negative, The Moving Picture Company

TRAMA: L’agente K è un blade runner della polizia di Los Angeles, nell’anno 2049. Sono passati trent’anni da quando Deckart faceva il suo lavoro. I replicanti della Tyrell sono stati messi fuori legge, ma poi è arrivato Niander Wallace e ha convinto il mondo con nuovi “lavori in pelle”: perfetti, senza limiti di longevità e soprattutto obbedienti. K è sulle tracce di un vecchio Nexus quando scopre qualcosa che potrebbe cambiare tutte le conoscenze finora acquisite sui replicanti, e dunque cambiare il mondo. Per esserne certo, però, dovrà andare fino in fondo. Come in ogni noir che si rispetti dovrà, ad un certo punto, consegnare pistola e distintivo e fare i conti da solo con il proprio passato.

Non delude le aspettative dello spettatore questo sequel di Blade Runner, bella e calzante la colonna sonora, effetti speciali ben dosati, trama interessante e attori ben calati nelle relative parti, esaltata l’atmosfera cupa e angosciante come nel film precedente e “lavori in pelle” umanizzati fino allo stremo in ogni sfumatura dell’essere umano dalla più pura alla più perversa.

La storia, filosoficamente parlando, ricalca un po’ il capolavoro precedente anche se in questa pellicola i replicanti sembrano (se possibile) ancora più umani del film precedente, il loro angosciante e disperato attaccamento alla vita supera decisamente quello umano, celebre il monologo finale come nel film precedente.

A far da sfondo alla vicenda, un quadro futuristico (ma purtroppo premonitore) di un mondo ormai in rovina, su cui aleggia il rimpianto per un’umanità destinata a perdersi, o forse già irrimediabilmente perduta, ma il cui valore, se pur colto solo in alcuni fuggevoli frammenti, ancora infonde una flebile  speranza. Non a caso ho scelto il termine Premonitore perchè la terra, nel film ecologicamente distrutta, non è purtroppo utopica fantascienza ma un monito su cui riflettere.

Il regista è riuscito a riprendere il tema dell’umanizzazione dei replicanti attraverso una scintilla di innovazione nella storia che farà da filo conduttore a tutto il film, fino ad una conclusione, se vogliamo un po’ inquietante ma sicuramente di effetto.

Unica nota dolente, forse tempi troppo dilatati e scene decisamente troppo lunghe e citazioni a volte un po’ troppo occulte e sottintesi un po’ troppo sottili da afferrare (come “fuoco pallido” di Nabokov citato più volte), ma nel complesso un bel film di grande impatto, che vale la pena vedere, sia per chi ha amato il primo sia per chi anagraficamente allora non c’era.

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