Iniziamo la nostra intervista partendo dall’ultimo progetto a cui sta lavorando, La CONVENTICOLA degli ULTRAMODERNI; ce ne parli.
LaCONVENTICOLAdegliULTRAMODERNI è al momento un locale, un atelier di costumeria e abbigliamento, un’organizzazione di eventi e una scuola di cui sono fondatore insieme a M.me Maria Fernanda De Freitas, mente illuminata, mano di fata e voce di seta dell’ULTRAMODERNITA’. Il nostro punto di partenza è l’espansione del concetto di Teatro di Varietà, che oggi per le sue caratteristiche di individualità, multidisciplinarità e flessibilità rappresenta al massimo livello la società liquida. Attraverso il Varietà abbiamo sia le chiavi per interpretare e agire nella società, che in senso più stretto una formula ottimale per la realizzazione artistica. In un’epoca senza sovvenzioni e senza mezzi di emersione per gli artisti, ci proponiamo come connettore attraverso la nostra iniziativa privata creando una bella casa, un palcoscenico suggestivo ed anche stringendo un patto con il pubblico, fornendo alternative alla sciatteria dell’underground e al cafonal degli ambienti In. ULTRAMODERNO significa oltre il moderno e il suo contrario naturale è proprio la parola moderno, questo significa una propensione al polistilismo, all’eclettismo e contemporaneamente una presa di distacco dal vintage di cui siamo stati tra i pionieri ma che oggi ci appare come una moda moderna oltre che una categoria stretta da cui prendere le distanze. Lo stimolo è stato ben accolto da artisti, intellettuali e pubblico, e in soli tre mesi di attività già possiamo vantare importanti endorsement, collaborazioni, ingaggi e spettacoli prodotti internamente. La sede è in via di Porta Labicana n.32, mentre l’Atelier si trova in via dello Scalo di San Lorenzo 3.
È da poco uscito un suo disco dal titolo “I Tempi Belli Non Tornano Più”, un disco ricco di canzoni, arrangiamenti e idee. Come è nato?
L’album racchiude alcuni dei brani composti nei miei ultimi dieci anni di attività nel Varietà. Tutte le canzoni sono già state portate in scena, alcune anche coreografate o teatralizzate. Gli arrangiamenti invece sono nuovissimi e li ho composti per la maggiore in studio. Ho scelto di fare questo disco solo dopo avere ottenuto la collaborazione degli importanti musicisti che ne hanno preso parte. Avevo bisogno di elementi forti in grado non solo di essere diretti ma anche propositivi e con una loro personalità. Le canzoni dalla loro erano già solide. Sono molto rigido rispetto alla costruzione di melodia e testo, altrettanto mi diletto con armonie complesse anche se di facile ricezione. Questo fa sì che i brani risultino efficaci anche suonati al minimo dell’arrangiamento. Per me è una condizione fondamentale: se la canzone è efficace anche solo leggendo testo e accordi vuol dire che è compiuta, il resto sono artifici che possono valorizzarla ma la composizione di una canzone è innanzitutto poetico-melodica. Per quanto ai temi trattati, sono in generale metafore di esperienze personali, narrate attraverso personaggi, giochi di parole, discorsi diretti ed elaborate intorno agli stili della canzone della prima metà del ‘900, a mio parere i tempi d’oro della forma canzone.
Vuole raccontarci qualcosa dalla sua esperienza di Elisir?Da cosa e’ nato e come, e come si e’ evoluto?
ELiSiR è il titolo degli spettacoli che dal 2011 porto in scena al Micca Club di Roma. Dapprima era il mio salotto del giovedì dove avevo la possibilità di testare collaborazioni e di sperimentare con ogni libertà. Qui in particolare si è consolidata la mia collaborazione con M.me De Freitas. Ci cambiavamo, truccavamo e mangiavamo sul palco, Il pubblico era invitato a salirci per fare due chiacchiere con noi o per fumare una sigaretta. Ci esibivamo con libertà, come se fossimo in casa. È un po’ quello che oggi accade ogni sera al nostro locale. Col passare del tempo ELiSiR è diventato il Varietà del sabato sera del Micca Club e da tre anni si è evoluto in un vero e proprio spettacolo di Rivista al prestigioso Salone Margherita di Roma. Uno spettacolo ricco di mie composizioni originali, coreografie e momenti corali. I costumi sono creazioni di M.me De Freitas per Atelier ULTRAMODERNO. In generale lo spettacolo rappresenta perfettamente quello che intendo per ULTRAMODERNITA’: il pubblico può divertirsi godendo di momenti artistici alti, veicolati dalla struttura aperta del Varietà, da una parte citandone gli stilemi, dall’altra svincolandosi completamente dall’amarcord per diventare qualcosa di altro. Quest’anno siamo stati molto gratificati dalle recensioni, in particolare su L’Espresso, dove il nostro stile viene addirittura accostato al “glamour post-moderno di Sophia Coppola”.
Sappiamo che lei e’ un estimatore di Petrolini,ed il 13 gennaio va sotto casa sua per festeggiare il suo compleanno.Quanto c’e’ di questo artista nel suo varietà’? A chi si sente di ispirarsi dei grandi artisti nei suoi show, oltre che a seguire il suo istinto da “animale di palcoscenico”?
Petrolini è tanto un pioniere del Varietà che una mosca bianca del genere. Rappresenta la assoluta libertà che è propria di questo tipo di Teatro. Non solo il “Ridere! Ridere! Ridere!” ma una forma aperta per convogliare contenuti stupefacenti di ogni natura, anche molto colti, ma sempre leggeri e rivolti al pubblico. In questo Petrolini mi possiede totalmente, anche se in generale non imito nessuno. Talvolta lo cito, come cito Macario e Tino Scotti, mettendomi sul loro solco talvolta ne omaggio la filologia. Ritengo però che nel Varietà ULTRAMODERNO sia l’individualità a dovere emergere, attraverso l’enfatizzazione della personalità piuttosto che tramite la recitazione o il travestimento. In questo senso mi ispiro a tutti gli artisti che formano il mio background, siano Alfred Schnittke o Hulk Hogan.
La leggerezza spesso e’ un traguardo che un artista raggiunge solo quando padroneggia alla perfezione la tecnica; che significa per lei avere questa grande liberta’ di espressione?
Non padroneggio una grande tecnica; ci sono mille pianisti, fisarmonicisti e cantanti tecnicamente migliori di me. Se padroneggio ciò che faccio e perchè mi conosco. Sono in totale confidenza con i miei pur limitati mezzi e con il pubblico, e questo conferisce spontaneità. Quando canto un brano che voglio interpretare o quando presento uno spettacolo sono nella mia condizione naturale, sto compiendo una azione che non può essere sbagliata. Non credo quindi sia una questione di tecnica esecutiva quanto frutto dell’autoconsapevolezza. Per leggerezza invece intederei un modo di vivere e conseguentemente di creare, un patto col pubblico e con sé stessi, il saper coniugare intrattenimento e onestà intellettuale, facilità di ricezione e profondità di contenuto.
Se Mirko Dettori incontrasse se stesso tornando nel passato cosa suggerirebbe di fare? Quale cose farebbe, e quali no?
Non cambierei nulla del passato poiché ogni esperienza fa parte di me. Piuttosto oggi mi dico che devo continuare a migliorarmi e non arenarmi su ciò che so fare.
Signor Dettori, in ultimo, per lei il successo in cosa consiste? Cosa un uomo di successo per sentirsi tale dovrebbe avere, non riferendosi ovviamente a beni materiali?
Successo non significa fama. Essere famosi vuol dire essere molto conosciuti e lo sono anche certi assassini. Successo significa risultato favorevole e può ottenerlo un eremita come un buon padre di famiglia. Il successo di una vita è l’etica. Anche in Arte non esiste estetica senza etica.
Marzia Sophie Sapphire Bortolotti
Elisabetta Curvy Chanel Giliberti