AFTERHOURS AL TEATRO TENDASTRISCE

UNICA DATA ROMANA DEL CLUB TOUR 2013 PER LA BAND MILANESE DI MANUEL AGNELLI

Manuel Agnelli: voce e chitarra; Giorgio Prette: batteria; Giorgio Ciccarelli: chitarra; Xabier Iriondo: chitarra; Rodrigo D’Erasmo: violino; Roberto Dellera: basso.

Roma, Teatro Tendastrisce, 22 marzo 2013

Rock esplosivo, energia e passione musicale nell’unica data romana del Club Tour 2013 per Manuel Agnelli e soci, che si sono esibiti al Teatro Tendastrisce, location scelta personalmente dalla band in quanto storico tempio del rock sin dagli anni ’70. Dopo i numerosi riconoscimenti raccolti con il loro ultimo album “Padania” (dalla Targa Tenco come “Album dell’Anno” al Premio della Critica di Musica & Dischi, dal Premio P.I.M.I. come “Gruppo” dell’anno alla Targa Indie Music Like,  senza dimenticare il riconoscimento come Artista dell’anno al Premio della Musica Indipendente Italiana), il 2013 è per gli Afterhours un anno da dedicare ai live, grazie alla simbiosi con il pubblico e alla capacità di sprigionare performance dal vivo davvero coinvolgenti.

La band confeziona un gran live, quasi due ore di concerto tirate in cui Manuel Agnelli, leader e padrone del palco, svaria da prodigiose venature hard rock a fulminei momenti d’intimità, come nello stile Afterhours e come sintetizzato anche nel loro ultimo lavoro discografico. La band è completamente vestita di bianco (tranne  Ciccarelli, completo avana…un segnale di distacco?), il locale è pieno e il pubblico ansioso: si inizia subito con “Iceberg”, “Padania” e “Terra di nessuno”.  La band riesce a far digerire al suo pubblico queste nuove canzoni, difficili al primo ascolto, ma che si rivelano decisamente azzeccate dal vivo, grazie al coraggio di Agnelli&soci, che approfittano del successo per migliorarsi e non per adagiarsi su una carriera ormai consolidata.

Per i fan di lunga data, l’atmosfera si scalda con pezzi quali “Rapace” e soprattutto “Male di miele”, che coinvolge un po’ tutti, quelli sul palco e ai piedi di esso, in cui Iriondo può sfogare la sua potenza di riff e la sua fantasiosa chitarra. La scaletta continua a pescare da “Hai paura del buio” (Punto G, 1.9.96., Veleno), il disco fresco di riconoscimento come miglior album indipendente degli ultimi vent’anni, e i fan non possono non apprezzare. Gli Afterhours dimostrano tutti di essere ottimi polistrumentisti (Iriondo passa dalla chitarra alla tromba, D’Erasmo dal violino alle chitarre e alle tastiere, Agnelli alterna chitarre e tastiere) e deliziano il pubblico con “Il sangue di Giuda” e “Vedova Bianca”. Agnelli concede persino il canto del ritornello al pubblico (in molti concerti questa cosa lo infastidiva non poco), mentre in chiusura, dopo varie uscite e rientri sul palco, vanno in scena le immancabili quanto belle “Bye Bye Bombay”, “Voglio una pelle splendida” e “Quello che non c’è”, ennesima dimostrazione di come gli Afterhours abbiano scritto alcune delle ballate rock più belle della recente musica italiana.

Ormai il repertorio e la storia degli Afterhours sono talmente vasti che è difficile accontentare il pubblico che chiede continuamente canzoni piuttosto che altre, quello che è certo è che il gruppo riesce ad emozionare e coinvolgere persone di diverse fasce d’età, grazie anche a una raggiunta maturità artistica e intellettuale ben visibile in “Padania”, un disco difficile, che parla di realtà frammentate e di spersonalizzazione dell’individuo, rendendo bene il senso di smarrimento e la perdita di riferimenti. Un titolo che vuole essere volutamente provocatorio perché – come dichiarato da Manuel Agnelli – “usa una terra che non esiste per parlare di una condizione interna, esistenziale dell’individuo”.

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