BRAD PITT “AD ASTRA”

Desiderio di conoscenza e sentimenti umani si sovrappongono

Un film di James Gray – 20th Century Fox

Con Brad Pitt, Tommy Lee Jones, Ruth Negga, John Ortiz, Liv Tyler, Donald Sutherland, Greg Bryk, Jamie Kennedy, Kimberly Elise, Elisa Perry, Loren Dean

Fantascienza, durata 124 min. – USA, Brasile 2019 – uscita giovedi 26 settembre 2019

 

Torna James Gray con un film incentrato sull’esplorazione spaziale ma condito come sempre da elementi ed emozioni umane, per quanto il protagonista Roy McBride (Brad Pitt) debba fisiologicamente, in quanto astronauta, contenerle.

Roy è il figlio di colui che viene creduto un eroe, quel Clifford McBride (Tommy Lee Jones), di cui si sono perse la tracce da 29 anni, da quando cioè è partito destinazione Nettuno in cerca di forme di vita più o meno evolute. E’proprio la sua astronave, arenata lassù, vicino al pianeta azzurro, la causa di impressionanti scariche elettriche che stanno mettendo in discussione la sopravvivenza stessa della Terra.

Chi meglio di Roy, allora, per partire alla volta di Nettuno, col doppio scopo di salvare il pianeta e andare in cerca del padre? E così sia.

Tra varie vicissitudini, che comportano la perdita di vari elementi dell’equipaggio, quel che convince è la fotografia e l’avventura che Roy vive nello spazio, senza mai perdere di vista il legame con la Terra, a partire da una moglie che si sente legittimamente trascurata, ma anche il desiderio di trovare traccia del padre, col dubbio atroce se sia rimasto vittima del suo stesso desiderio di conoscenza oppure si sia volontariamente o meno “accasato” da qualche parte nel Sistema Solare.

Ma a parte i veloci collegamenti con la Terra, lassù il nostro protagonista è solo, nell’immensità del cosmo, in una scenografia a dir poco surreale, ed è grande la fatica del contenere le proprie frustrazioni, anche perchè le peripezie del viaggio comportano perfino l’incontro/scontro con dei “pirati spaziali” per niente benevoli. Si sottopone spesso, per protocollo se non per volontà, a test psicologici che fino ad un certo punto vengono ampiamente superati, ma che poi cominciano a “scricchiolare”, tanto da far arrivare l’ordine di abbandonare la missione per lasciare il posto ad altri. Ma il doppio obiettivo e la cocciutaggine del nostro sono più forti di tutto e la missione continua di prepotenza, vada come deve andare.

Pitt funziona meglio nelle scene concitate piuttosto che in quelle più “melodrammatiche” in cui si abbandona ai propri disagi: in fondo anche lui avverte in un angolo del suo cuore la possibilità di essere un abbandonato piuttosto che il figlio di un eroe pluridecorato. Lee Jones, invece, pur comparendo brevemente, colpisce più per il suo cipiglio e per la profondità della sua interpretazione, non facile evidentemente, dovendo impersonare un uomo vissuto lassù da solo per 29 anni, e che ha subìto l’ammutinamento del suo equipaggio. Di rilevanza marginale gli altri interpreti, per quanto tutti dignitosi.

L’incontro col padre, che inevitabilmente avviene, mostra il padre stesso, senza rivelare altro, animato da un incredibile desiderio di conoscenza, e probabilmente non lascia nè Roy nè buona parte degli spettatori soddisfatti di quanto ne risulta, ma evidentemente un commerciale lieto fine non avrebbe gratificato un regista che ci ha abituati a non essere mai banale.

Alessandro Tozzi

 

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