Sparsi in tutto l’album di Claire Rousay ci sono frammenti della sua vita quotidiana: i suoni di una macchina da scrivere, un vortice assordante di cicale, conversazioni a malapena udibili.
Avvolti da onde di oceano, melodie semi-ricordate e archi saturati di malinconia, questi suoni prosaici diventano monumentali, attivando un potente senso di nostalgia per momenti di quieta riflessione e connessione umana.
I pezzi astratti su un focus più morbido sono resi potenti dalla loro suggestiva familiarità, ognuno suona un potenziale innesco per i nostri ricordi: felici, tristi o, più probabilmente, da qualche parte nel mezzo.
Antonio Alberto Di Santo