La società attuale è impietosa, un autentico tritacarne di sogni, speranze ed ambizioni. E ogni generazione sembra affrontare una situazione che va costantemente peggiorando. Cristiana Mecozzi e Alessandro Arcodia, attori e autori, con la regia di Riccardo Marchesini, esplorano questo sconcertante scenario grazie ad una serie di episodi che, di volta in volta, gettano luce su aspetti diversi del mondo del lavoro, incapace di fornire un ambiente che possa realmente essere gratificante per chi, superati i trent’anni, non riesce a scrollarsi di dosso una costante sensazione di precarietà. Nel primo, un consulente informatico affronta il suo malpagato incarico presso un ente pubblico: dovrebbe cercare di monitorare l’effettiva presenza in ufficio degli impiegati, cercando così di elaborare un prospetto che possa permettere, grazie ad un software, di individuare sprechi e scansafatiche. Si tratta di un’impresa più grossa di lui, ma neanche il suo desiderio di mollare tutto e di avviare un’attività privata sembra essere realizzabile.
Nella seconda parte, una coppia che vive in una remota periferia è alle prese con un’esistenza ai margini: limiti sociali, culturali ed economici li costringono, già abbrutiti, a trovare una soluzione alla loro misera quotidianità per la quale non sembra esserci alcuna via d’uscita, se non quella di affidarsi, con qualche grottesca acrobazia, ai risicati sostegni statali.
E poi c’è la parabola di Ester, una ragazza piena di speranze, fin troppo sognatrice, emblema di un certo atteggiamento eternamente infantile che, nel 2008, si rivolge ad un’agenzia in cui un sornione (e a tratti mefistofelico) “navigator” sembra saperla lunga. Gli anni passano, il mondo cambia e va da una crisi ad un’altra, ma per Ester c’è solo un eterno limbo di stage e lavori arrabattati, dove l’idea con cui era cresciuta (“fai quello che ti piace” e “se lo vuoi, puoi”) si rivela essere sempre più una menzogna. Lei, e quelli come lei, sono così persi in una sorta di perenne adolescenza dove emanciparsi e fare progetti seri e a lungo termine è diventato impossibile.
Andato in scena lo scorso 13 ottobre all’Ygramul di Roma, lo spettacolo fa parte del festival “Do It”, rassegna per la promozione del teatro contemporaneo. La manifestazione, inaugurata nel 2015, si sforza di dare visibilità alle realtà “periferiche” e, oltre agli spettacoli che hanno luogo all’Ygramul e all’Ar.Ma (altro palcoscenico romano), si compone anche di un concorso di scrittura drammaturgica, “L’Artigogolo”. I vincitori del festival teatrale possono pubblicare i loro testi nella collana teatrale “Le Nebulose” (della casa editrice “ChiPiùNeArt”), i vincitori de “L’Artigogolo” possono invece portare in scena la loro idea durante il “Do It” dell’anno successivo. Questa bell’idea, questa sinergia letteraria e culturale, ci ha permesso dunque di assistere al piacevolissimo Ho sbagliato tutto, che come detto illustra la situazione dei cosiddetti “millennials”, i ragazzi nati tra gli anni Ottanta e Novanta, stretti tra le generazioni precedenti abbarbicate sui loro diritti, nel tempo diventati privilegi da sfruttare ai limiti, e un futuro buio in cui le generazioni successive non cercano neanche di più di spuntarla su quello che appare un deserto esistenziale, uno di cui già paghiamo il prezzo e che non può che peggiorare.
L’argomento, tutt’altro che banale o “leggero”, viene trattato grazie ad una scrittura brillante, che offre una costante serie di battute, gag e trovate esilaranti. Si ride tanto, tantissimo, soprattutto all’inizio, poi le risate continuano pur diventando via via sempre più amare, in una triste constatazione di una realtà difficile da negare. Spunti di vita vissuta, a detta degli stessi autori, idee e ottimi tempi recitativi riescono ad offrire un’efficace denuncia sociale che non può non dare da pensare una volta che il sipario è ormai chiuso, pur mescolati a qualche luogo comune di troppo (gli impiegati pubblici tutti invariabilmente fannulloni e il reddito di cittadinanza solo una trovata per i furbi), A contribuire al buonissimo risultato, c’è l’evidente intesa sul palcoscenico tra i due protagonisti che, già dal 2017, formano un sodalizio creativo che ha fatto il suo esordio con la commedia Supermarketfobia. Bravi entrambi gli attori, la loro è un’alchimia che funziona: il personaggio di Rosalba, ad esempio, l’agghiacciante impiegata pubblica del primo episodio, mette in luce la grande capacità mimetica di Cristiana Mecozzi, il suo talento nell’usare l’espressività del volto, il corpo, rendendone l’interpretazione esaltante: un risultato ottenuto anche grazie alla capacità di Alessandro Arcodia di gestire il testo, facendo sì che la compagna di scena possa esprimere al meglio i suoi tempi comici.
Ho sbagliato tutto, nel suo mesto epilogo, dimostra di essere teatro intelligente, sfruttando la satira per far riflettere il pubblico su quello che sembra essere un punto di non ritorno della nostra storia comune.
Massimo Brigandì
HO SBAGLIATO TUTTO
Testi di Cristiana Mecozzi e Alessandro Arcodia
Con Cristiana Mecozzi e Alessandro Arcodia
Regia di Riccardo Marchesini
Produzione Giostra film