After the End

Lo sconcertante e originale testo di Denis Kelly in cartellone al Brancaccino

Teatro Brancaccino
12 |22 dicembre 2019
Miriam Galanti, Federico Rosati
AFTER THE END
di Dennis Kelly
Regia di Marco Simon Puccioni
Produzione Inthelfilm

Intro: C’è stata un’esplosione, probabilmente nucleare, forse un attacco terroristico che ha ucciso migliaia di persone e distrutto la città. Mark è riuscito a salvare Louise trascinandola inconscia nel suo rifugio antiatomico privato. Mark si era preparato al peggio e ha tutto ciò che pensa di aver bisogno per sopravvivere; cibo piccante in scatola, Dungeons and Dragons e un coltello.
Una volta dentro al rifugio tutto quello che Mark e Louise possono fare è aspettare fino a che non sia sicuro andare fuori. Nell’attesa però si scatenano gli aspetti più torbidi dell’animo umano e tra Mark e Louise si instaura una lotta per l’amore e il potere in cui vittima e carnefice si scambiano continuamente i ruoli. Riusciranno a sopravvivere all’attacco? Riusciranno a sopravvivere l’uno all’altro?

La guerra dei Roses può assomigliare quasi all’archeologia precolombiana, rispetto a come cinema e teatro contemporaneo tendono ormai a rappresentare il dialogo, divenuto oggigiorno ancor più difficoltoso, tra l’uomo e la donna. Un rapporto sempre più conflittuale. E tra i testi teatrali di maggior impatto, in tal senso, vi è senz’altro After the End del britannico Dennis Kelly. Rappresentato per la prima volta nel 2005 al Traverse di Londra, si sta ora imponendo all’attenzione delle compagnie e dei teatri italiani, laddove vi siano interpreti giovani in grado di supportare con uno slancio adeguato questa pièce indubbiamente impegnativa, sia per la durata che per il coinvolgimento emotivo richiesto. Non è quindi la prima volta che vediamo messo in scena tale lavoro. Positivo era stato il primo impatto, avvenuto un paio di anni fa al capitolino Teatroinscatola, con Tommaso Arnaldi e Claudia Genolini sul palco, Enzo Masci alla regia. Sempre a Roma e su un palcoscenico ancora più importante, quello del Brancaccino, la versione affidata al regista Marco Simon Puccioni (molto attivo anche al cinema) e mirabilmente interpretata da Miriam Galanti e Federico Rosati, alla quale abbiamo assistito pochi giorni fa.

I suddetti Federico Rosati e Miriam Galanti sono rispettivamente Mark e Louise, sopravvissuti entrambi all’apocalisse nucleare determinata da un attentato terroristico. O così almeno ci è dato sapere all’inizio. Dettaglio non trascurabile: lui afferma di aver salvato la ragazza, trasportandola semisvenuta nel bunker costruito in giardino; quello stesso bunker per cui i comuni amici del pub, presso i quali Louise risultava molto meglio integrata, lo deridevano abitualmente trattandolo da sfigato, nerd e credulone. Ma il verificarsi di quell’attacco atomico ritenuto fino ad allora improbabile sembrerebbe essere, sul momento, evento tale da ribaltare completamente i loro ruoli, generando nuovi rapporti di forza.
C’è dell’altro, però. In quell’ambiente piccolo, soffocante, claustrofobico, le differenze caratteriali e ideologiche tra i due usciranno ben presto fuori, esasperate dai modi impacciati di Mark, la cui attrazione nei confronti della ragazza si percepisce da subito pur essendo espressa in modo alquanto balordo. Persino quella partita a D&D così fortemente voluta da lui e da lei osteggiata fino all’ultimo si trasforma nell’ennesimo braccio di ferro, destinato a sfociare in ripicche assurde e potenziali violenze di genere. Con tanto di razionamento delle poche scorte di cibo rimaste, da usare come arma di ricatto. E così, estremo oggetto del contendere, si affaccia in Louise il sospetto che non vi sia realmente un’apocalisse atomica in atto, oltre la botola che separa l’interno del bunker dal giardino di Mark e dal resto del mondo…

Interpretato dai due giovani attori in un saliscendi di emozioni tale da togliere il fiato, After the End si conferma testo sorprendente, originale, capace di sconquassare l’orizzonte drammaturgico attuale: come se, cinematograficamente parlando, si passasse in poche scene da The Day After a Room di Lenny Abrahamson. Sempre a proposito della sua valenza filmica, l’accorta regia di Marco Simon Puccioni finisce per valorizzare proprio tali elementi, enfatizzando tanto l’impianto opprimente e claustrofobico delle scenografie che la presenza scenica di interpreti con l’argento vivo addosso, personaggi i cui corpi sono portati a contendersi con forza quell’esiguo spazio vitale. Tutto ciò secondo una partitura ottimamente studiata, a partire da quei cambi di scena ostici ma così ben concepiti, nella penombra, con l’ausilio fondamentale degli stessi, generosissimi attori.

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