Daniele Silvestri e i suoi 25 anni di carriera

Il cantautore romano celebra i suoi 25 anni di carriera nella sua città. "La terra sotto i piedi" di un artista abituato a farci volare con la fantasia.

Non poteva che iniziare da Roma, sua città natale, la celebrazione dei 25 anni di carriera di Daniele Silvestri. Per la prima volta il cantautore romano ha deciso di intraprendere un tour all’interno dei Palasport, un modo per chiamare a raccolta il suo pubblico più affezionato, quello che passo dopo passo e disco dopo disco ne ha accompagnato il talento e la vena artistica.

I primi passi nello storico club “Il locale” di via del Fico dietro piazza Navona, i riconoscimenti della critica alla fine degli anni ’90 per brani quali “L’uomo col megafono” e “Aria”, il successo di pubblico per “Salirò” nei primi anni 2000 e poi via via fino ai giorni nostri in una maturazione artistica continua che ha messo d’accordo tutti: critica e pubblico. E il richiamo al tempo che scorre ha scandito tutto il concerto, non solo con la visualizzazione su schermo dell’anno di produzione di ogni singolo brano, ma anche e soprattutto con un video che, in poco meno di due minuti, ha raccontato questi 25 anni con gli occhi di Silvestri e della sua (nostra) generazione: il crollo del muro di Berlino, le stragi di Falcone e Borsellino, Berlusconi in politica, gli anni 2000, le Torri Gemelle, i mondiali del 2006, l’ultima partita di Francesco Totti, la trap e Young Signorino.

Il nome del tour “La Terra dal vivo sotto i piedi” prende spunto dal recente lavoro discografico di Silvestri (La terra sotto i piedi) e dona l’imprinting anche alla scenografia: un palco grandissimo, dove colpisce la distanza che intercorre tra i vari musicisti, e una pedana circolare riempita di terra con un videowall sullo sfondo. A colpire è anche il numero dei componenti della band: ci sono gli storici componenti degli inizi come Piero Monterisi (batteria) e Gianluca Misiti (tastiere), gli habitué come Jose Ramon Caraballo Armas (tromba e percussioni) e Gabriele Lazzarotti (basso), pezzi da novanta come Fabio Rondanini (batteria) e Adriano Viterbini (chitarra elettrica), coadiuvati ancora da Duilio Galioto (tastiere), Marco Santoro (fiati) e Daniele Fiaschi (chitarra).

E l’inizio è dedicato proprio all’ultima fatica discografica: “Qualcosa cambia“, un grido di speranza per l’Italia e per il mondo, oltre che manifesto politico («L’Europa sognata, La Siria guarita, Un popolo onesto, Le navi nei porti, La scuola diffusa, I processi più corti, Una generazione che corregga la rotta»). Si prosegue con “Marzo 3039“, bellissima canzone tratta dal secondo album di Silvestri Prima di essere un uomo un po’ schiacciata dalla difficile acustica del Palalottomatica, che Silvestri non manca di rimarcare. Ed è Daniele Silvestri, o il suo fake, il protagonista del virtuale confronto con i fans di “Complimenti ignoranti“, un testo in cui il cantautore dimostra tutta la capacità di mettere in strofe con ironia le critiche che gli vengono rivolte. “Concime” critica il mondo di comunicare di oggi («Era molto più scomodo e meno immediato, per questo un discorso era più ragionato. Se avere risposte richiede dei mesi, diventa importante non esser fraintesi e le dichiarazioni, di guerra o d’amore, non ammettevano errore») e man mano che l’acustica del palazzetto migliora arrivano canzoni dell’ultimo album come “Scusate se non piango” e “Tutti matti” e canzoni più datate ma significative come “Manifesto” (tratta da Unò-Duè del 2002).

L’atmosfera intima cede a ritmi allegri che scaldano il pubblico, ma, come sempre, Silvestri cela in melodie all’apparenza leggere i testi tipici della canzoni di denuncia. Si pensi a “Precario il mondo” e “L’appello“, dedicata al giudice Paolo Borsellino (nelle prime file si sventolano in aria le famose “agende rosse”), o a sferzate rock come “La guerra del sale“. Arriva il turno di “Argentovivo“, introdotta dalla magnifica batteria di Rondanini, figura centrale nel sound di questa canzone come anche del sound degli ultimi Afterhours. Il brano ha ricevuto poche settimane fa la Targa Tenco come migliore canzone dell’anno. Sulla scena ovviamente fa il suo ingresso il rapper Rancore, che accompagna Silvestri anche nella successiva “Il mio nemico” e poi si fa apprezzare in solitaria per il suo interessantissimo brano “Arlecchino“.

Il concerto diventa sempre più una celebrazione della carriera di Silvestri: arrivano i medley con “L’uomo col megafono/Le cose in comune”, “Hold me/Strade di Francia”, poi è il turno di “Desaparecido”, della leggera e bellissima“Occhi da orientale” (scritta a 16 anni, ma inserita nel primo “Best of…” del 2000 perché così voleva la casa discografica), “1000 euro al mese”, della meravigliosa “A me ricordi il mare” in cui è evidente l’abilità poetica di Silvestri con le rime e le metriche. Arriva il turno di “Monetine” e della piacevole riscoperta di “Acqua stagnante“, una bella canzone d’amore contenuta nell’album S.c.o.t.c.h. del 2011, ma è sulle note iniziali de “L’amore non esiste” che il pubblico del palasport inonda d’affetto Silvestri, soprattutto quando, in rapida successione, fanno il loro ingresso sul palco Max Gazzè e Niccolò Fabi, co-autori di quel gioiello della discografia italiana che è Il Padrone della Festa. L’emozione del momento è raccontata bene dall’esplosione del pubblico e dal finale in crescendo di questa canzone che si avvia a diventare uno dei grandi classici della canzone italiana.

Ad ogni ascolto si rafforza la bellezza de “La mia casa” (tratta da Acrobati del 2016, un invito a salvaguardare le proprie radici ma come legame a qualcosa di più vasto e universale, poi è la volta de “La vita splendida del capitano“, dedicata a due simboli di Roma e della romanità come Francesco Totti e Daniele De Rossi, e di “Tempi modesti“. Arriva il momento più scatenato del concerto con “Gino e l’Alfetta” e “Salirò” a ricordarci la bravura di Silvestri, cantautore capace di muoversi con disinvoltura tra vari generi musicali, il che lo rende probabilmente l’artista più completo della sua generazione. La band e Silvestri salutano il pubblico, ma tutti sanno che il concerto non può essere finito: e poco dopo, infatti, tutti ritornano sulla scena. Per il bis arrivano “Le navi” e “A bocca chiusa“, poi di quella gemma preziosa che è “Prima che” (E se potessimo tornare al ricordo che hai di me. Alle cose come sono o come erano prima di distruggerle).

Come ogni concerto di Silvestri che si rispetti, il finale non può che essere travolgente: con “La paranza” tutto il pubblico balla a ritmi sudamericani, ma con “Testardo“, sempre più canzone simbolo di una certa romanità, lo stornello conquista definitivamente il Palasport. Seppure il nostro abbia ormai compiuto 51 anni, la voglia di gridare è rimasta immutata: non poteva mancare “Cohiba“, prima di chiudere con “Alla fine” circa 3 ore intense di concerto, un viaggio nella vita artistica di un uomo fatto di musica e poesia.

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