DIRITTO ALL’OZIO di Paul Lafargue

Traduttore: Raffaele Rinaldi

Numero di pagine: 146

Formato: Tascabile economico

Data di pubblicazione: 01/01/1978

 

Trama: “Una strana follia possiede le classi operaie delle nazioni in cui domina la civiltà capitalistica. E’ una follia che porta con sé miserie individuali e sociali che da due secoli stanno torturando la triste umanità. Questa follia è l’amore per il lavoro, la passione esiziale del lavoro, spinta sino all’esaurimento delle forze vitaleidell’individuo e della sua progenie…”. Con queste parole comincia il celebre pamphlet che Paul Lafargue scrisse e pubblicò nel 1880 e che tante edizioni avrebbe successivamente avuto in tutto il mondo assicurando all’autore – nato a Santiago di Cuba nel 1842, genero di Marx e dirigente autorevole della II^ Internazionale sino alla sua volontaria morte nel 1911 – la fama di uno dei più efficaci scrittori socialisti dell’epoca. Scritto in forma di paradosso, il pamphlet ha accompagnato come una bandiera le lotte proletarie contro lo sfruttamento e le spaventevoli condizioni di lavoro nel primo capitalismo. Nella sua ampia, eruditissima introduzione, Maurice Dommanget, noto e fecondo studioso del movimento operaio, ne ricostruisce l’origine e ne rintraccia le fonti, dimostrando acutamente come nel “Diritto all’ozio” sia da vedere una requisitoria sferzante e brillantissima non tanto contro il lavoro in sé e per sé, quanto contro il suo eccesso e sfruttamento, una apologia in ultima analisi del tempo libero e delle possibilità che questo potrebbe consentire agli uomini e alle donne restituiti a se stessi in una società socialista. 

Lettura impegnativa e pesante ma formativa, questo testo ribattezzato impropriamente in seguito diritto alla pigrizia, in realtà nasce da un pamplet ironico e polemico dell’autore pubblicato su Food for thought nel 1880 e in seguito arricchito di critica e storia sull’argomento nonchè della vita di Lafargue e ripubblicato sotto il titolo che conosciamo, ma andiamo con ordine.

Innanzitutto occorre specificare che questo libro va letto tenendo presente il contesto economico e politico dell’epoca, siamo in piena rivoluzione industriale in cui il clima lavorativo è piuttosto concitato e frenetico; Paul Lafargue in quest’ottica potremmo dire che è un idealista estremo, un anarchico convinto ante litteram, che dipinge il dover lavorare per vivere come un vizio esecrabile, ma particolare per niente trascurabile è che aveva sposato nientepopodimeno che la figlia di Karl Marx, proprio quel Marx che tra l’altro le voci dell’epoca dicono che non fosse assolutamente contento della scelta della figlia, l’autore morì suicida insieme alla moglie avvelenandosi, ancora nel pieno delle proprie forze.

Questo libro tratta il lavoro come se fosse un vizio, un qualcosa di disdicevole e aberrante, qualcosa da cui tenersi doverosamente alla larga, da evitare a qualunque costo perché l’uomo non è stato creato per lavorare bensì per godersi la vita appunto oziando.

Premesso ciò, la lettura di questo libro è impegnativa dato il punto di vista dell’autore, ma la lettura è scorrevole e relativamente di facile comprensione, nonostante il suo punto di vista opinabile ma sotto certi aspetti piuttosto calzante alla realtà lavorativa dei giorni nostri specialmente quando parla di “schiavitù delle macchine”.

Il lavoro nobilita l’uomo, ma cos’è realmente così nobile in un’attività che sottrae all’essere umano la maggior parte della sua vita, impedendo il naturale sviluppo delle sue attitudini morali e intellettuali? Questa domanda racchiude in se il fulcro del libro, è la domanda che riassume il paradosso su cui ruota il pamplet di Lafargue.

Azzardando qualche analogia tra i tempi del libro e i tempi attuali si potrebbe dire che invece delle cattedrali adesso ci sono i centri commerciali; invece delle sacre scritture abbiamo le agenzie di rating, e il clero di allora ai giorni nostri è stato sostituito da giornalisti e opinion makers, e la schiavitù alle macchine attualmente si potrebbe definire totale dipendenza dalla tecnologia, e per tecnologia si intende computer, telefoni cellulari, internet.

Quindi i tempi cambiano, le dipendenze restano ma si evolvono.

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