Intervista a Riccardo Ginestra (Veto)

Entrambe le versioni del suo TraPop saranno disponibili in Free Download sul sito del Bunker Studio il 30/09/2017. Sceglierete ciò che vi spaventa o ciò che vi conforta?

Cronaca di un incontro singolare, ma solo fino a un certo punto: perché in fondo i pub, agli occhi di chi scrive, possono risultare terreno fertile per chi va a caccia di storie da raccontare. Ed è proprio in un pub della capitale che mi sono dato appuntamento, di pomeriggio per avere intorno un po’ di quiete, con un artista come Riccardo Ginestra. Il suo nome d’arte è Veto: una scelta che dovrebbe già bastare a suggerirne il carattere. E comunque mi era stato sufficiente ascoltare un paio di brani al computer per intuirne non solo il talento, ma anche la personalità schietta, la poetica ancora in fieri ma già ricca di fermenti, di idee, di uno sguardo maturo sulla società. Il che certamente sorprende, considerando che qui si sta parlando di un musicista appena venticinquenne… tuttavia non indugiamo oltre, perché quel pomeriggio la conversazione al pub, intervallata da qualche altro ascolto con le cuffiette e da interessanti divagazioni sul sociale, è entrata presto nel vivo. E non vedo l’ora di condividerne il succo con voi lettori di Sul Palco. Cominciamo pure…

 

Camera 360

Riccardo, già nel nome d’arte che ti sei scelto, ossia Veto, pare celarsi una presa di posizione forte, eticamente motivata. Cosa puoi dirci a riguardo? Cosa ti ha spinto ad adottare tale pseudonimo e da quanto tempo?

Ho sempre avuto una spiccata capacità nell’intelligere, laddove intelligere viene inteso come superare le apparenze e guardare oltre ciò che ho davanti. Negli anni ho appreso che avere una visione puramente soggettiva delle cose mi avrebbe portato a limitare le mie prese di posizione alle mie conoscenze attuali, è così che ho deciso di intraprendere un lungo viaggio con me stesso e con gli altri per cogliere il senso di tutto ciò che ho intorno e sviluppare un’ampia visione oggettiva della vita e di ciò che significa la vita stessa per ogni singolo individuo. Posso dire che il mio nome d’arte non è puramente mio ma frutto delle sensazioni che ho ispirato alle persone che mi circondano. Ritengo che sia un nome “forte” e pregno di significato, avere il diritto di “Veto” su qualcosa è una grande responsabilità. Il nome nacque in una comune serata tra amici circa un anno fa, evolvendo dal primo proto “Vedo-Oltrevedo”. La scelta di uno pseudonimo non è stata così immediata e scontata per me, nasciamo con un nome, cresciamo con un significato.

Sei giovanissimo, ma conversando con te emergono una formazione musicale precoce e complessa, ed esperienze in tale campo di tutto rispetto. Come potresti riassumere, in breve, il tuo percorso musicale?

Il Maestro Tony Esposito
Il Maestro Tony Esposito

Sin da piccolo ho dimostrato un grande interesse verso la musica. Studiai da piccolissimo pianoforte per poi passare alla chitarra classica. A 19 anni ho iniziato il mio percorso di studi professionale alla Sonus Factory di Roma scegliendo come strumento il Basso Elettrico. Il sacrificio per lo studio fu enorme, giornate intere passate sullo strumento e in sala prove. Ho avuto l’onore e il piacere di collaborare con tantissimi cantautori romani in questi anni fino ad iniziare una bellissima collaborazione con Tony Esposito. In tutto questo tempo passato accanto alla musica ho capito però una cosa fondamentale, che non compresi subito: la musica per me è esclusivamente un forte mezzo di comunicazione. Non importa quale sia lo strumento o il genere con cui mi identifico, la cosa importante è comunicare il mio mondo e le mie sensazioni agli altri. Ad oggi non amo definire il mio percorso come un percorso musicale ma bensì come un percorso di crescita personale.

Ovviamente vorremmo sapere, a parte, qualcosa di più sul tuo rapporto con un grande come Tony Esposito.

Tony è la vera personificazione dell’artista, è quel tipo di persona che non saprebbe vivere senza esprimere le sue forme d’arte. Ho imparato tantissimo da lui e dai suoi collaboratori, sia dal punto di vista musicale che dal punto di vista espressivo. Rapportarsi con un artista di tale calibro potrebbe risultare difficile, ma Tony è una persona che fa dell’umiltà una delle sue grandi forme di comunicazione.

Copertina TrapPop Black
Copertina TrapPop Black

E come sei approdato invece alla musica che definisci TraPop? Potresti spiegare ai lettori meno informati di che genere musicale si tratta?

Sono anni ormai che compongo e scrivo pezzi miei. Non ho mai pubblicato nulla perché ho sempre creduto che per esporsi agli altri bisogni raggiungere la “giusta” maturità interiore. Qualche tempo fa mi sono imbattuto in una realtà nuova per me, la Trap Music. La Trap Music è un sottogenere dell’Hip Hop nato in America negli anni ’90, come suggerisce il suo stesso nome il genere tratta della droga vista come trappola da cui non si può più uscire. Il sound è facilmente riconoscibile e caratteristico del genere stesso, ed è la parte che più ha catturato il mio interesse. Ho capito che avrei dovuto mischiare il sound della Trap alle strutture convenzionali delle mie composizioni per trovare la svolta del mio sound. Come non è facile intuire, TraPop non è un progetto puramente musicale, il suo fine trova un significato molto più intrinseco e profondo. TraPop vorrebbe porsi come un “ponte” tra ciò che viene considerato oggi Mainstream e ciò che invece ancora rimane nel mondo Underground. Purtroppo l’Italia vive una chiusura mentale fortissima per quanto riguarda la musica, spesso ci si trova a parlare con persone che ascoltano solo ed esclusivamente ciò che gli viene proposto dai media o con persone che schifano ciò che non conoscono o più semplicemente non comprendono. TraPop vuole fare da intermediario per porre fine a questo tipo di guerre artistico/mediatiche, rendendo giustizia a tutta la musica nella sua bellezza. Questo progetto è indirizzato a tutte le età ma vorrebbe colpire fortemente il settore giovanile, perché sì, i giovani sono il futuro e il futuro non deve essere come il presente che stiamo vivendo.

Parliamo ora dell’album in uscita, progetto musicale ambizioso che può contare su due versioni, “White” a “Black”. Già dalla copertina sin intuisce una ricerca particolare. Puoi spiegarci meglio da dove è partita l’ispirazione e come si sta sviluppando il progetto?

Retro Cd Black
Retro Cd Black

Come giustamente hai detto tu l’album non è da considerarsi un CD doppio. TraPop uscirà in 2 versioni diverse: TraPop White e TraPop Black. Le 2 copertine sono liberamente ispirate allo Yin e lo Yang, uno specchio del grande significato di questo progetto. In ogni genere di musica si possono trovare lati positivi e lati negativi, laddove qualcosa possa non piacerci possiamo sempre analizzare il tutto in modo oggettivo cercando di comprendere perché un genere musicale a noi distante possa avere successo e comunicare qualcosa agli altri. Se consideriamo il Nero come qualcosa di distante a noi (L’universo), le macchie bianche riportate sul cd possono rappresentare ciò che vediamo più vicino a noi (Le stelle). Allo stesso modo potremmo considerare il Bianco come ciò che è più vicino a noi (La luce) e le macchie nere riportate sul CD come ciò che vorremmo allontanare (L’oscurità). In bella vista in entrambe le copertine si osservano subito 3 figure stilizzate di me contornate da colori diversi tra loro, è il simbolo dell’uguaglianza tra tutte le etnie.
I concetti di Yin e Yang e uguaglianza sono i capisaldi di questo progetto che ha preso ispirazione da tutte le mie esperienze di vita raccolte in 20 brani. Ognuna delle 2 versioni conterrà 10 brani, a seconda della versione scelta per l’ascolto si avrà un impatto di sound e significato diverso. Entrambe le versioni saranno disponibili in Free Download sul sito del Bunker Studio il 30/09/2017. Sceglierete ciò che vi spaventa o ciò che vi conforta?

Copertina TrapPop White
Copertina TrapPop White

In brani come “Partiti da qui (noi)” e “Siamo troppo distanti (per stare insieme)” si percepisce un netto disagio rispetto a questa realtà, alle visioni false che promuove, al venir meno di qualsiasi genuina condivisione di valori. E’ proprio così? E cos’altro c’è di importante da aggiungere su tali brani, sia rispetto al testo che alle scelte musicali?

I disvalori che accomunano l’essere umano al giorno d’oggi sono frutto di tanti anni di negligenza. Partiti da qui (noi) esprime tutto il mio disagio nei confronti di ciò che vedo oggi. L’unica scelta che abbiamo è scegliere chi siamo. Ricordarci da dove siamo partiti ci permette di scavare dentro noi stessi e ripartire dai nostri valori sommersi. Siamo troppo distanti (per stare insieme) racconta l’esigenza di avvicinarsi al pensiero del proprio partner per capirsi appieno. Capirsi non è un concetto così banale come sembra, oggi la comunicazione è distorta da tante cose che spesso non dipendono da noi. La forza sta nell’identificare sempre chi si ha davanti senza farci condizionare dal nostro passato e da ciò che ci circonda. Ogni persona ha un suo mondo fantastico da esplorare, capirlo significa arricchirsi. Capirsi è una delle chiavi fondamentali per uccidere ogni distanza di pensiero.

Retro Cd white
Retro Cd white

In un’altra canzone, “Che ne sanno loro di che freddo fa Frà”, il ritratto molto amaro della nostra società sembra fondersi con una evoluzione musicale del brano qui ancora più ricca, articolata. Ce ne puoi parlare?

Eh, Che ne sanno loro di che freddo fa Frà è un brano difficile da comprendere a primo ascolto. Che ne sanno loro di che freddo fa fuori? Allo stesso modo che ne sanno loro di che freddo fa dentro di noi? Nessuno può comprendere a pieno le nostre emozioni, nessuno ha voglia di comprenderle a pieno. Vivere una vita intera nel giusto per poi morire… Vivere una vita intera nel giusto per poi morire dentro… Davvero è giusto così? Forse sì. L’importante è lasciare il segno, la propria morte fisica o mentale non ha valenza. Servono punti di riferimento, persone che abbiano ideali veri, persone di cui la gente può fidarsi. La classe sociale da cui si proviene non è importante, ciò che importa è chi sei. Il brano tratta anche della tematica dell’immigrazione. Persone che lasciano paesi in rovina sperando di trovare l’America, quando in realtà il nostro paese oggi non può offrire aiuto a nessuno.

Per finire, vuoi aggiungere qualcos’altro sulle tensioni etiche e sulle riflessioni più personali che sembrano pervadere i vari brani da te composti? A noi sembra di cogliere una componente critica molto forte, rispetto al presente, ma anche un desiderio di riscatto, di reazione…

Vorrei che tutti ci rendessimo conto della situazione in cui viviamo tutti i giorni e ci sensibilizzassimo. Vorrei che tutti facessimo di più di quello che facciamo. Vorrei che tutti ci sforzassimo di ascoltare gli altri per capirli e non per rispondere alle loro domande. Vorrei che tutti facessimo parte della stessa fazione. Vorrei che tutti iniziassimo a sviluppare un senso di giustizia comune.
Negli anni ho imparato a fare musica, questo è il mio mezzo e questo è il mio intento, spero che ognuno dei lettori che avrà speso del tempo per leggere questa intervista metta a disposizione degli altri le proprie conoscenze e le proprie capacità. Non dobbiamo essere passivi nei confronti di ciò che ci succede intorno, dobbiamo reagire e dare tutti un contributo forte. Essere “esseri umani” significa questo.

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