FEAR PARTY – Enzo Cosimi
Con Paola Lattanzi, Pablo Tapia Leyton
Musiche Chris Watson, Petro Loa, Jon Wheeler
Disegno luci Gianni Staropoli
Organizzazione Flavia Passigli
Compagnia Enzo Cosimi & Mibact in collaborazione con Amat
Sostegno per le residenze Kilowatt Festival, ACS Abruzzo Circuito Spettacolo, C.L.A.P. Spettacolo dal vivo
Roma, Teatro Vascello, 7 e 8 luglio 2016
Lo scorso 8 luglio al teatro Vascello di Roma, nell’ambito della Rassegna Estiva Fuori Programma di Danza e Prosa, è andato in scena lo spettacolo di danza Fear Party del coreografo Enzo Cosimi, interpretato da Paola Lattanzi e Pablo Tapia Leyton, con le musiche di Chris Watson, Petro Loa e Jon Wheeler, prima tappa della trilogia Sulle passioni dell’anima.
Sono andata a vedere lo spettacolo insieme ad un’amica, e premetto che essendo abituate al tipo di danza che si vede magari su Amici di Maria De Filippi o su Ballando con le stelle, l’effetto iniziale è stato particolare, ma lasciandosi andare al desiderio di scoprire qualcosa di nuovo, di diverso e altamente professionale, se ne rimane estremamente colpiti.
I ballerini entrano in scena in una densissima cappa prodotta dalla macchina per il fumo, alla vista già si avverte la tensione e l’intensità dei loro movimenti, e non puoi fare a meno di guardarli.
In questa atmosfera, le musiche quasi non si percepiscono. Sembrano appartenere alla gamma dei rumori bianchi o grigi, quei suoni di sottofondo tanto amati dagli studenti che cercano su internet “scappatoie” per concentrarsi meglio sullo studio.
L’effetto è che non ti lasci andare soltanto ad un brano, ad una canzone e a dei passi di danza già visti e sentiti, ma sei immerso in un tutto che più che mostrarti qualcosa ti mette in condizione di riflettere, cercando di trovare un punto d’incontro tra la carica emotiva della performance e quella che avverti in te.
In uno spettacolo che racconta la paura, appartenente anche a contesti istituzionali incontrollabili da parte del singolo, lo spettatore inesperto potrebbe aspettarsi da un momento all’altro la comparsa degli zombie, manco fosse un remake di The Walking Dead, per poi scoprire che il senso di angoscia che viene fuori è proprio il tuo.
Scopri che quegli elementi scenografici che apparivano quasi grotteschi, fuori luogo, sono stati inseriti apposta dal coreografo, forse per dare un attimo di tregua allo spettatore ed esaltare le differenti sfaccettature della performance.
E mi viene da pensare al finale di Salò o le 120 giornate di Sodoma, quando nel silenzio erano mostrate le scene più raccapriccianti, alla fine di un film che volutamente non mostrava il lato umano dei personaggi-vittime, per consentire a chi lo vedeva di tollerare almeno in minima parte la visione di tutte le scene.
Fear party prosegue mostrando contrapposizioni politiche, riconoscibili solo grazie ad alcuni simboli a volte della classe operaia, a volte con parodie che rimandano a Che Guevara seguite da un interpretazione della politica italiana di poco tempo fa, caratterizzata anche da elementi sessuali e disinteresse verso le reali problematiche del Paese.
Il finale consente al pubblico di uscire ed essere accompagnato alla fine di questi 45 minuti intensissimi con gradualità e un bel senso di sollievo.
In definitiva, credo sia uno spettacolo da non perdere, da guardare lasciandosi andare, per tutto ciò che contiene e soprattutto per chi, come me e la mia amica, si è abituato alla tecnica e ha perso forse di vista la percezione dell’espressività corporea e performativa.
Elisabetta Giliberti