
Le parole che non ho scritto
Regia e sceneggiatura di Anna Fraioli
Intro: Tre amici seduti al tavolo di un bar, si confrontano sui propri dispiaceri d’amore e sui tanti problemi che ne sono derivati. Hanno bisogno di un po’ di tranquillità e magari di una bella sbornia. Non sanno che stanno per entrare in un’avventura che non avrebbero mai immaginato di poter vivere neanche con la più ardita fantasia. Si renderanno conto di quanto a volte ci si fermi a percepire solo una parte di quello che ci circonda, rinunciando così a sentire l’incanto di ciò che vibra a densità diverse. E si renderanno conto che in ogni istante c’è un tempo infinito per decidere ciò che si ha intenzione di manifestare.
Con la musica e le canzoni di Giacomo Mandarano.

“Fantasmi a Roma”, regia di Antonio Pietrangeli. Nel lontano 1961 il cinema italiano introduceva soave una nota fantastica, in quella cornice neorealista che ne aveva caratterizzato in gran parte la poetica, negli anni immediatamente precedenti, riuscendo così a cogliere ancor più in profondità l’anima del paese nel periodo post-bellico. Merito anche di interpreti come Marcello Mastroianni, Sandra Milo, Eduardo De Filippo e Vittorio Gassman, assolutamente splendidi nel trovare il timbro giusto per quei personaggi usciti così bene dalla penna di co-sceneggiatori ispirati, su tutti il più incline a calare nel quotidiano un’aura surreale e volendo paradossale, Ennio Flaiano.
Del resto è noto sin dalla commedia plautina che le storie di spettri possano essere messe in scena non soltanto in chiave orrorifica, bensì esplorandone altre potenzialità, tra le quali vi è senz’altro il versante comico, farsesco, parodico. Chissà se pure Anna Fraioli ha fatto tali ragionamenti, al momento di concepire uno spettacolo come Le parole che non ho scritto. Fatto sta che, al netto dell’apprezzamento da noi comunque rivolto ai precedenti lavori, ne è uscita fuori una delle sue commedie più vivaci, mature, ricche di spunti, in ultima analisi una delle più riuscite.

Il pubblico, poi, si è fatto incuriosire da subito: per la prima al Teatro Tordinona di Roma, il 28 giugno scorso, abbiamo trovato infatti ad attenderci un incoraggiante sold out; quel “tutto esaurito”, già lusinghiero di suo, cui hanno fatto da contrappunto le reazioni partecipi e divertite degli spettatori, per tutta la durata della rappresentazione. Da parte nostra, seduti nella primissima fila, abbiamo poi goduto di ogni situazione e di ogni cambio di ritmo, come se fossimo entrati anche noi coi protagonisti nella “villa infestata”!
Ma ancor di più ci siamo fatti conquistare dal sagace andamento di una commedia corale, coerente in ciò con quanto l’autrice ci ha proposto in passato, capace però di “mutare pelle” più volte, senza che il filo del discorso si perda per un solo istante.
Volendo fare un “inventario” dei generi cinematografici e teatrali omaggiati nel testo, toccherebbe elencare almeno il “buddy movie”, la commedia degli equivoci, la ghost story di matrice anglosassone (con tanto di citazione, assai opportuna, del capolavoro con Nicole Kidman diretto da Alejandro Amenábar, The Others) e naturalmente il musical, se consideriamo la bella sorpresa rappresentata dalle coreografie e dai momenti musicali che sono le buffe, originali canzoni composte da Giacomo Mandarano a propiziare.

Le primissime scene, ad ogni modo, ci avevano fatto appassionare (complici la bravura e la simpatia dei primi interpreti apparsi sul palco: una costante di tutto lo spettacolo, considerando il carattere “impattante” dell’intero cast) alle disavventure dei tre classici “uomini sull’orlo di una crisi di nervi”, prima sfruttati e poi mollati dalle rispettive compagne. Tema anche questo attualissimo. E tale da suggerirci, poc’anzi, l’etichetta di “buddy movie”, vista la tendenza a compensare cuori infranti con ampie dosi di alcol e cameratismo maschile…
Esterno giorno, baretto all’aperto, una tempesta in arrivo. Quando però si apprende che il lavoro di uno dei tre baldi giovani è proprio l’agente immobiliare, ci si può preparare a un radicale cambio di scena. Tutta la comitiva si trasferirà infatti, per trascorrere insieme il resto della giornata, in una vecchia ed elegante dimora che però si fa tanta fatica a vendere. Il motivo? Pare che lì siano state percepite strane, forse spettrali, energie…

Senza rivelare troppo del vorticoso intreccio, basti sapere che nella villa si creerà un trambusto notevole non soltanto per il prevedibile apparire dei “cari estinti”, uno dei quali è tormentato dal non aver concluso la propria opera letteraria prima della morte, ma anche perché tra i potenziali acquirenti della casa vi è proprio un pedante studioso di letteratura (con famigliola al seguito), attratto più di altri proprio da quella possibilità…. di natura esoterica! “Era una notte buia e tempestosa”, direbbe qualcuno. Ma saranno in fin dei conti i momenti di musical e gli sviluppi classici di una commedia sentimentale a beneficiare di più dello spassoso contatto tra defunti e viventi. Dando modo all’autrice sia di sfruttare al meglio la pittoresca scenografia, con tanto di “tenebrosi” fumi sul palco, sia di giocare in libertà sul versante linguistico, con l’accento “alla Troisi” di uno dei tre protagonisti “contemporanei” destinato a creare irresistibili cortocircuiti (l’effetto è un po’ alla Non ci resta che piangere), ogniqualvolta spetti agli ectoplasmatici cugini “del tempo che fu” prendere la parola, con il loro arcaico e aulico eloquio.
