LIFE – NON OLTREPASSARE IL LIMITE
Regia Daniel Espinosa
Con Ryan Reynolds, Jake Gyllenhall, Rebecca Ferguson, Ariyon Bakare, Hiroyuki Sanada, Alexandre Nguyen, Olga Dihovichnaya
Fantascienza, durata 103 minuti, U.S.A., uscita 23 marzo 2017
Insomma c’è vita nello spazio? E soprattutto su Marte, oggetto di grandissime attenzioni umane negli ultimi anni?
Secondo quanto immaginato in questo film si, perchè una delegazione scientifica sta tornando proprio da Marte con dei campioni di materiale organico “dormiente”.
Purtroppo, per lodevoli obiettivi scientifici, il biologo Hugh Derry (Ariyon Bakare) ha la malaugurata idea di “risvegliarlo”. Inizialmente sembra solo un piccolo filamento, poi un’alga, un polipetto innocuo, ma poi cresce e si mostra per niente cordiale, anche se, come ribadito più volte dagli interpreti nel film e come a volersene giustificare, non per odio gratuito ma solo per puro istinto di sopravvivenza, cioè la sua a scapito di quella dell’equipaggio.
Così l’adrenalina scorre soprattutto all’interno dell’astronave piuttosto che all’esterno, e forse qui sta una piccola pecca di questo film per gli amanti, come il sottoscritto, delle immagini più affascinanti dell’universo, perchè la battaglia tra le due specie si consuma in linea di massima nell’astronave, dopo che l’entità marziana si è liberata della “prigionia” inflittagli dagli umani.
L’essere non solo è ostile per necessità di sopravvivenza, ma è anche un osso duro come avversario, perchè è molto forte e molto intelligente. Nonostante l’aspetto ben diverso, rintracciabili vari riferimenti ad Alien.
L’equipaggio, e a poco a poco quel che ne resta, stabilisce così, a scapito di se stesso, la priorità: impedire che un nemico del genere raggiunga la Terra, soprattutto nel caso sia anche in grado di riprodursi, anche perchè le vicende della lotta non sono affatto alterne, ma tutte a favore dell’essere sconosciuto, che spunta gli avversari umani dalla sua checklist uno ad uno con relativa facilità.
Il film lentamente vira dal genere fantascienza al thriller, quasi giallo, perchè Calvin, questo il nome appioppato all’essere immondo in tempi non sospetti, si diverte anche a giocare a nascondino sull’astronave e fuori, per poi ricomparire con l’unico scopo di nutrirsi e sopravvivere.
Il progetto del suo allontanamento dal nostro pianeta ha un epilogo imprevisto che ovviamente vi consiglio di vedere da voi, valutando le singole interpretazioni tutte buone, pur senza far gridare al capolavoro, e si chiude perfino in “canzonella” con una sigla finale affidata a Spirit in the sky…
Roberta Pandolfi