“PIETRE” – Aleph Dance Company di Paola Scoppettuolo

Nella suggestiva cornice dell’Ara Pacis di Roma (13/09/2009), il video restaurato di una coreografia che muove la verità nella trasparenza, la morte nella vita, l’azione nella paralisi.

“[… mi sento spoglia, priva di ricchezze, impaurita, inadeguata … come se la testa mi si fosse incantata in un punto che sta lì raggelato ed ottuso e con calma devo riportare l’ordine nelle mie terre …]” (S. Plath)

Il restauro del video di “Pietre”, tredicesima produzione della Compagnia di teatrodanza “Aleph” di Paola Scoppettuolo e in rete da alcuni mesi, è un dono rivolto a quanti, su youtube, siano alla ricerca di materiali in grado di “scuotere”.  Ispirato all’omonima poesia di Sylvia Plath, per la regia e coreografia di Paola Scoppettuolo, Pietre rappresenta un viaggio nell’esistenza, vissuta nelle sue manifestazioni pratiche ed emozionali, governata da una perpetua azione che pare non contemplare il riposo, cui fa da contraltare un intenso, inesorabile processo di pietrificazione interiore. Un processo che parte dall’angoscia, si cala nelle tinte fosche della disperazione e perde, nella discesa, ogni residua particella liquida, cristallizzandosi nella forma e la sostanza della pietra. Una scenografia scarna, domestica, ritratta nelle prime immagini della ripresa, e divisa in pochi elementi scenici: uno stendino per panni su cui poggiano gli abiti di scena, due sedie divelte, un tavolino, lunghe lenzuola bianche e asciugamani, un vaso di fiori, un orciolo d’acqua con dei bicchieri. Il pubblico è disposto lateralmente, accomodato su delle sedie o in terra. Tutto nell’irreale silenzio dell’Ara Pacis, con la luce fioca delle macchine di passaggio e dei lampioni riflessa, talvolta, dalla scatola vitrea che intrappola il gioiello architettonico romano, rendendolo visibile e, al contempo, remoto ed inaccessibile. L’ideale cornice di una coreografia che muove la verità nella trasparenza, la morte nella vita, l’azione nella paralisi.

Un inizio processionale e arcaico, che diviene quasi un rituale della nascita, la vita che si dipana tra alzate e ricadute. Fili mossi da incauti carnefici che intrappolano e dirigono il gesto della vittima ma non i suoi pensieri, rendendo più acuto il dolore; mentre potenti, sensuali amplessi e tradimenti, si consumano ciclicamente sul palcoscenico. Ripetuti cambi d’abito suggellano altrettanti cambi scenici e gestuali.

Un gesto che raggiunge i vertici tanto dell’avvolgenza, quanto della meccanicità. Asciugamani colorati o bianchi divengono ornamenti del corpo, oggetti del tormento e della speranza, simboli di maternità vissute, negate o rigettate. E difficilmente la maternità, nelle sue intime declinazioni emotive, potrebbe esser così ben raccontata come ha fatto Paola Scoppettuolo, proprio sul finale di “Pietre”.

La direttrice artistica di Aleph è riuscita con questo coraggioso, emozionale lavoro (e già dieci anni fa) ad oggettivare, rendendola “materia di carne”, l’esperienza di un percorso interiore, utilizzando il proprio capitale umano (4 danzatrici e 1 danzatore) con inusitata maestria. La forza del sentire e delle idee che agisce, plasmandola, quella dei muscoli e dei corpi. Tutto ciò noi chiamiamo ricerca. E ci rimbomba in testa, guardandone i sessanta minuti di girato, come una feroce litania, l’inciso della Plath declamato all’inizio dai danzatori in scena: “Un uccello selvatico mi pulsava nella gabbia di ossa, pronto a spiccare il volo, e mi scuoteva tutto il corpo con i suoi battiti.” Ci puntella il cervello in ogni gesto della rappresentazione, in ogni suono, immagine, interazione, parola, scenario, amplesso … sempre … fino alla pietrificazione finale.

A seguire, per quanti volessero approfondire, il link al video dello spettacolo:

https://www.youtube.com/watch?v=IUX4_W7DeJQ

 

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Paola Scoppettuolo
4 anni fa

Grazie Roberta a nome mio e della Compagnia Aleph !!

Alessandro Tozzi
Admin
4 anni fa

Grazie a te per l’interesse!

Alessandro Tozzi
Admin
4 anni fa

Grazie a voi!