TESTAMENT – DARK ROOTS OF EARTH – NUCLEAR BLAST – 2012
Produzione: Andy Sneap
Formazione: Chuck Billy – voce; Eric Peterson – chitarra; Alex Skolnick – chitarra; Greg Christian – basso; Gene Hoglan – batteria
Titoli: 1 – Rise up; 2 – Native blood; 3 – Dark roots of Earth; 4 – True american hate; 5 – A day in the death; 6 – Cold embrace; 7 – Man kills mankind; 8 – Throne of thorns; 9 – Last stand for independence; 10 – Dragon attack; 11 – Animal magnetism; 12 – Powerslave; 13 – Throne of thorns (extended version)
Ritorno in formazione quasi originale per i Testament che, come annunciato dal cantante Chuck Billy, danno vita ad un album in cui, pur conservando il proprio sound, si dilettano nell’espressione musicale naturalmente derivata dalla loro gioventù, e tre cover di gruppi storici come Queen, Scorpions e Iron Maiden, anche se presenti solo in qualità di bonus tracks, stanno lì a testimoniarlo.
La prima differenza immediata è il cantato: tranne qualche eccezione come l’iniziale Rise up o True american hate, nell’occasione Chuck Billy non ha più i ruggiti del cagnaccio arrabbiato, ma in molti frangenti assume un tono suadente e melodico, come nella stessa Dark roots of Earth, che comunque nonostante l’avvio lento prende ritmo molto bene nella seconda parte, oppure nell’apoteosi melodica di Cold embrace, condotta con un cantato ai limiti dell’agonia. In generale c’è una sorta di pulizia delle corde vocali.
Gli episodi più tirati sono il primo e l’ultimo, la citata Rise up e Last stand for independence, anche se quest’ultima presenta un coretto ruffiano alla ultimi Metallica.
Almeno il robusto vocalist ha voluto sgombrare il campo dagli equivoci: non sa solo ululare o ringhiare, ma anche accarezzare. D’altronde personalmente non avevo dubbi da molti anni, dopo aver ascoltato The legacy nel lontano 1987.
Un buon mix di rispetto e di personalizzazione nelle 3 cover, soprattutto Dragon attack dei Queen col suo bass-solo e il coro privato della musica, ma anche Powerslave degli Iron Maiden.
Quanto agli altri fanno tutti la loro parte, anzi una curiosità è la presenza alla batteria di Chris Adler dei Lamb of God nella versione iTunes di A day in the death. Ma per il resto, soprattutto nei pezzi più pompati, è eccelso anche il lavoro di Gene Hoglan.
Si potrebbe concludere dicendo che in questo disco ci sono i nuovi e i vecchi Testament insieme, senza che gli uni disturbino gli altri. Ma è pur sempre una produzione 2012, inutile cercare il tempo perduto.
trapassato prima, come Sid Vicious a 22 anni e Cliff Burton a 24.