Un uomo e una donna si incontrano su un palcoscenico. Il teatro è deserto. Sono due sconosciuti (interpretati da Giorgio Carosi e Beatrice Gregorini), parlano fra loro ma sembrano molto nervosi, non conoscono nemmeno l’uno il nome dell’altro. Poi d’improvviso, prendono a recitare momenti difficili delle loro vite, problemi coniugali, liti, incomprensioni. E poi di nuovo, per qualche motivo, la messinscena viene interrotta. Come scopriamo presto, si tratta in realtà di una bizzarra seduta psicanalitica, dove a chi interviene è richiesto di interpretare gli episodi dolorosi che non riesce a superare, in una sorta di catarsi spinta all’estremo. L’ideatore di questa trovata è un misterioso professionista che, a quanto pare, comunica con i suoi pazienti solo tramite pc, senza rendersi riconoscibile, proponendo l’originale soluzione a chi evidentemente non può permettersi i costi di un’analisi tradizionale.
E’ un gioco delle parti, un teatro nel teatro, l’anonimato che assume più volti e che ricrea frammenti di vite. Sulla sua efficacia, però, i dubbi non mancano e gli stessi partecipanti si ritrovano prima immersi in forti emozioni e poi, d’improvviso, spaesati e ricatapultati nel presente, finiscono per discutere e riflettere su tutto quello che continua ad andar male. E non è poco.
Realtà e finzione si confondono e, mano a mano che questa insolita simulazione di ruoli procede, i due sfortunati a improvvisati attori si ritrovano più vicini, risucchiati da un vortice inestricabile di turbamenti da cui è difficile uscire davvero.
Ma le sorprese non mancano, perché il teatro cela tanti livelli e le cose non sono sempre quelle che sembrano.
Scritta e diretta da Rosario Galli, questa pièce teatrale in cartellone al Teatro Trastevere di Roma il 26 e il 27 marzo scorsi, ha saputo registrare un buonissimo successo. Difficile inquadrare con poche parole un lavoro così sfaccettato, capace di cambiare repentinamente umore di protagonisti e pubblico. Impossibile non ammettere che tutti noi, almeno una volta, ci siamo detti che in particolari frangenti, potendo tornare indietro, avremmo fatto scelte diverse, ci saremmo comportati in altro modo. E quei passaggi del nostro vissuto, di un passato a volte neanche troppo remoto, vengono rivisti nella nostra mente più e più volte e quindi, da un certo punto di vista, recitati ancora, da capo. Ma serve a liberarci dei nostri rimpianti, delle nostre sofferenze? Serve forse ad assolverci, a convincerci che è tempo di andare oltre? Il misterioso “lui” che organizza questi teatrali incontri fra i suoi pazienti, sembra esserne sicuro. In scena si alternano commedia, dramma, dubbi, slanci amorosi, ma difficilmente le persone possono essere controllate da un copione e qualcosa può sfuggire a questo misterioso architetto. Benissimo l’affiatamento tra i due protagonisti che, a turno, prima guidano la narrazione poi in un batter d’occhio diventano la spalla dell’altro. Naturalmente, le meccaniche della sceneggiatura che intrecciano finzione, realtà e poi ancora finzione, possono spiazzare gli spettatori, soprattutto all’inizio: sicché, il miglior modo di godere dello spettacolo è di lasciarsi condurre e di stare letteralmente al gioco. Esperimento interessante, dunque, grazie altresì ad una buona prestazione degli attori, dove si ride, e tanto anche, ma spesso si ride amaro.
E quando un buffo e scorbutico inserviente ricorda che la sessione sta per finire, non è detto che la platea abbia finalmente tutte le risposte. Un po’ come accade nelle nostre non sempre facili giornate, d’altra parte.
Massimo Brigandì
“Trucchi per l’anima”
Regia e sceneggiatura di Rosario Galli
Con Giorgio Carosi, Beatrice Gregorini e la partecipazione di Diego Calvo
Aiuto Regia Clelia Calvo
Luci Giorgia Caredda
Coreografia Simona Crivellone
Musiche ed Effetti Enrico Razzicchia
Arredamento Francesco Montanaro
Costumi Tiziana Santoro
Grafica Sara Ghidoni