W.A.S.P. – GOLGOTHA – NAPALM RECORDS – 2015
Formazione: Blackie Lawless – voce, chitarre e tastiere; Douglas Blair – voce e chitarra; Mike Duda – basso; Michael Dupke – batteria
Produzione: Blackie Lawless
Titoli: 1 – Scream; 2 – Last runaway; 3 – Shotgun; 4 – Miss you; 5 – Fallen under; 6 – Slaves of the new world order; 7 – Eyes of my maker; 8 – Hero of the world; 9 – Golgotha
Da qualche anno, più o meno dalla pubblicazione di Babylon del 2009, che si parla di Blackie Lawless e dei suoi W.A.S.P. soprattutto per il clamore destato dalla sua dichiarata conversione al Cristianesimo, impensabile visti i trascorsi.
Difficile dire, e non intendo dirlo, se trattasi di pensate o manovre a sfondo commerciale, con l’obiettivo di ricavarne attenzione, copertine, e in via indiretta, vendite, oppure se sia un’effettiva “illuminazione”. Il fatto è che quel disco, e in buona parte anche questo, è infarcito di contenuti biblici, almeno nei testi.
La musica, però, quella che dovrebbe sempre essere in cima a qualsiasi considerazione, non ha mollato di un millimetro la “dannazione” metal del gruppo, e soprattutto, non ne ha intaccato le qualità in sede di composizione, esclusivo appannaggio di Lawless, ma anche di esecuzione.
E’ un disco W.A.S.P. in tutto e per tutto, che regge benissimo il confronto coi titoli storici, anche con qualche sensazione di già ascoltato, ma forse proprio questo dà la dimensione dell’autenticità musicale del personaggio, e gli W.A.S.P. sono indubbiamente una sua profanazione diretta.
Un metal con la sua voce indemoniata, inconfondibile, con una meravigliosa ballad, Miss you, in cui proprio questa voce, pur scendendo di parecchi toni, parte dall’oltretomba e sembra mantenere il giusto livello di inquietitudine. Qui si accosta facilmente a The idol (da The Crimson idol del 1992).
Così cambiato nella testa e così invariato in musica, Blackie Lawless, pazienza se la conclusiva Golgotha presenta un lamento piuttosto somigliante a quello di Cries in the night (da The last command del 1985), però è una gloriosa cavalcata W.A.S.P., seppur non velocissima, impreziosita dalle sofferenti chitarre di sempre.
Per il resto, nulla è epocale, ma tutto è di alto livello e degnamente paragonabile ai classici della band, e anche ascoltare quasi un’ora di alto livello qualitativo è abbastanza raro di questi tempi.
Forse a quasi sessant’anni gli oltraggi di un tempo non servono più, o forse fa più notizia convertirsi e urlare il proprio bisogno di fede, o forse, perché no, c’è stata una vera comparizione e/o folgorazione mistica… quello che conta è che gli W.A.S.P., ad ascoltarli, sono sempre loro, e questo disco supera per qualità compositiva almeno il precedente Babylon, e gli anni ’80 lasciamoli al loro posto.
Roberta Pandolfi