Roma, Teatro Petrolini, 30 novembre 2018
Testo: Enza Li Gioi
Regia: Margarita Smirnova
Scene e costumi: Alexandros Mars
Con: Eleonora Manaralo
Date: 30 Novembre 2018 21:00 – 2 Dicembre 2018 18:00
Intro: Una donna legata da molti anni a un uomo mediocre ma infedele e indifferente ai suoi sentimenti decide, dopo che lui L’ha lasciata per mettersi con un’altra, di iniziare una nuova relazione con un uomo che la rende felice. Ma l’ex, pur essendosi ormai accasato e aver avuto addirittura un figlio con l’altra, continua a controllare la sua vita e di fronte a questa nuova situazione reagisce sfigurandola con l’acido. La donna, ricoverata in una clinica per la ricostruzione plastica dei tessuti danneggiati, privata anche della vista, riflette sulla sua vita e sulla condizione femminile, nonché sull’ancestrale conflitto tra il maschile e il femminile chiamando in campo il ruolo delle donne nella Storia, nell’Arte e nella Letteratura. Le sue riflessioni la condurranno alla fine a prendere una decisione coraggiosa e davvero insolita.
Portare in scena un lungo monologo in cui si espone al pubblico una violenza tanto terribile è senz’altro, per un’attrice, compito gravoso. Non solo per la tensione drammatica, che deve restare sempre alta, ma anche per la forte impronta etica del testo, per quel suo farsi carico di una problematica sociale che in Italia e nel mondo continua a mietere vittime con modalità tanto crudeli quanto assurde. Già, perché che sfocino in un assassinio o in quell’atto persino più agghiacciante che è deturpare per sempre il volto di una persona, le violenze fisiche e psicologiche contro la donna (o maturate comunque all’interno di un rapporto di coppia) sono indizio di un malessere sociale profondo. Ed il testo così penetrante di Enza Li Gioi, che perde forse un po’ di slancio solo quando, dopo aver introdotto in modo talmente intimo la tragedia personale, privata, assume un piglio un po’ cronachistico nell’allacciare il caso particolare a dinamiche un po’ ampie, ha innanzitutto il merito di sviluppare il tema attraverso una notevole varietà di sfumature drammaturgiche, esistenziali e psicologiche: dal pianto lancinante alla malinconia, dall’ironia al paradosso (vedi le fantasie circensi della protagonista alla fine), dalla denuncia rabbiosa alla semplice voglia di vivere, vi è spazio per tutto nell’accorata testimonianza della protagonista.
Eleonora Manara parte un po’ in sordina. Come se rapportandosi alle parole di Acido cercasse lei stessa la strada giusta per coinvolgere il pubblico, nella dolorosissima vicenda di una donna offesa nel corpo e nello spirito dalla persona con la quale, un tempo, vi era pur stato un legame sentimentale. Ma sono pur sempre “amori” fallaci, poco bilanciati e destinati a generare insoddisfazione, se non fatti ancor più gravi, quelli in cui invece della complicità e dell’affetto reciproco sono gli eccessi di un carattere possessivo, le smanie narcisiste e l’assenza di umanità a dettar legge. Animi sterili e mediocri portati a desertificare qualsiasi rapporto, anche amoroso. L’attrice nel rievocare, dalla sua penosa convalescenza, la traumatica esperienza avuta con il personaggio assente, con quell’uomo dalla meschinità senza speranze, si carica progressivamente e strappa applausi proprio nei momenti in cui demolisce, con una differente statura morale e umana, l’immagine tetra e banale dell’orco di turno. Opportunamente la regia di Margarita Smirnova, al pari del palco allestito con pochi ma significativi tocchi da Alexandros Mars, accompagna con semplicità questo suo percorso. Basta ad esempio una luce tendente al verde per suggerire la violenza subita, l’impatto del vetriolo sulla pelle e sugli occhi. Quello stesso acido impresso con un creativo make up, in forma allusiva ma al contempo fortemente iconica, sul volto della protagonista.