Anna Freud. Un desiderio insaziabile di vacanze

Uno spettacolo su Anna Freud, la sua complessa relazione con il padre Sigmund e la compagna Dorothy, il suo amore per i bambini e la scienza che per loro ha fondato

Roma, I GIARDINI DELLA FILARMONICA, 27 Luglio 2018 ore 21.30

Stefania Barca in
“Anna Freud. Un desiderio insaziabile di vacanze”
di Roberta Calandra – Premio Tragos 2010 Milano
con la partecipazione di Gianni Oliveri
Regia: Edoardo Siravo
Regista collaboratore: Paolo Orlandelli
Scene e costumi: Annalisa Di Piero
Ufficio Stampa: Elisa Fantinel

Intro: La chiamavano “Minerva uscita dalla testa di Giove” o anche “la vestale”. Anna Freud avrebbe dovuto nascere maschio. Era la sesta figlia di Sigmund Freud. Mentre le sue sorelle pensavano al matrimonio lei inventava la psicoanalisi infantile. Incontrò Dorothy Tiffany Burlingham, e abitando con lei e i suoi bambini diede vita ad una famiglia di fatto ante litteram che incontrava l’approvazione e la simpatia dello stesso Sigmund. Le due donne si occuparono insieme di bambini orfani e traumatizzati, fondando asili e orfanotrofi in diversi continenti. Eppure lei continuava a sentirsi come una donna che non sa fare abbastanza. Questa è la sua storia.

“Il tema che mi ha maggiormente sedotta, all’idea di affrontare un intreccio di tale statura e complessità, è quello dei paradossi che si intrecciano dentro una famiglia, il cui capostipite è considerato quasi il padre fondatore di ogni presupposta moralità. ”
(Roberta Calandra – Il Tempo – 4 maggio 2017)

Venerdì 27 luglio 2018: quella che era stata presentata sul web come la più lunga eclissi di Luna del secolo, col fenomeno ribattezzato Blood Moon, ossia “Luna di Sangue”, quale sua diretta conseguenza, ha reso ancor più affascinante una serata arricchita poi dall’opposizione di Marte, il pianeta Rosso, ben visibile nella stessa porzione di cielo.
Sarà stata quindi l’aria così carica di “energia marziale” e di lunari inquietudini. O più prosaicamente il fatto che la sera prima aveva piovuto a dirotto, mettendo a rischio amplificatori, microfoni e altre apparecchiature. Fatto sta che, nel corso del tanto atteso evento, il palco estivo dell’Accademia Filarmonica Romana è rimasto più volte al buio e con gli impianti staccati, oscurando temporaneamente chi vi stava recitando. Anche questa un’eclissi, volendo. Ed è proprio lì, paradossalmente, che si è fatta notare l’immensa padronanza della scena di Stefania Barca, chiamata ancora una volta a impersonare la singolare vicenda biografica di Anna Freud. Al pari di Gianni Oliveri, pronto a duettare con lei nei frangenti in cui era lo stesso padre della psicoanalisi ad essere rievocato, la carismatica attrice si è riavuta subito dall’iniziale sorpresa, riuscendo nel piccolo miracolo di non perdere il ritmo nemmeno per un istante ed assicurare al suo personaggio la stessa intensità dall’inizio alla fine. Chapeau.

Mobilio vintage, inizialmente ricoperto da teli semitrasparenti, come ad indicare una stanza rimasta a lungo abbandonata; ovvero, come ad indicare le polveri del tempo che si apprestano a sollevarsi, fosse pure per poco, aprendo così uno spiraglio su persone, pensieri, episodi, da strappare provvisoriamente all’oblio. Musiche ugualmente evocative, come lo saranno per l’intera durata della rappresentazione, nel loro mutare assieme agli stati d’animo della protagonista. In tale scenario vediamo muoversi una Stefania Barca eterea, impalpabile, quasi spettrale prima che acquisisca vigore e riporti alla luce gli aspetti più spigolosi di un rapporto assai problematico, quello di Anna Freud con una figura paterna decisamente ingombrante. Odi et amo. Difficoltà a sentirsi accettati, devozione filiale, emulazione, competizione, squilibri emotivi, pulsioni represse, un dialogo che procederà sempre a corrente alternata. Frutto del testo profondo e ricco di sfaccettature che è valso a Roberta Calandra meritatissimi premi, questo appassionante biopic teatrale restituisce di Anna un’immagine a tutto tondo, sia che si tratti della faticosa relazione col padre Sigmund Freud, ritratto qui caratterialmente in un conturbante chiaroscuro (da elogiare poi, anche a livello fisiognomico, la presenza scenica di Gianni Oliveri), sia che a essere narrati siano altri momenti di una vita pubblica e privata fuori dal comune.
Anche lei bigger than life, come si usa dire per i protagonisti di certe pellicole cinematografiche, Anna Freud conquista gradualmente lo spettatore con quella sua umanità viva e dolente, con una severità niente affatto immune da turbamenti e increspature; prendendosi così una rivincita postuma su quella storiografia che, rispetto all’illustre genitore collocato troppo spesso acriticamente su un piedistallo, l’ha relegata a volte in un cantuccio, nonostante gli studi di tutto rilievo e quell’attività filantropica portata avanti con abnegazione, assieme a un’altra coraggiosissima donna cui fu legata da un sentimento delicato, tenero e sensuale. Ne consegue che anche stavolta, alla faccia dei piccoli incidenti tecnici e degli astri contrari, il pubblico di Anna Freud. Un desiderio insaziabile di vacanze ha confermato di appassionarsi presto e facilmente a una rappresentazione teatrale registicamente molto curata, con una protagonista in stato di grazia e una spalla maschile di gran classe.

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