La foto del carabiniere

Sul palcoscenico sono presenti solo un tavolo e una sedia. Ma a quel tavolo, a un certo punto, un padre racconterà al proprio figlio una storia molto importante, una che ha cambiato la vita di entrambi. E non solo la loro.
Claudio Boccaccini però, prima di arrivarci, procede con ordine e il suo monologo comincia col narrare un anno ormai lontano, il 1960, aprendosi ai ricordi della sua infanzia che, poco per volta,  scopriamo essere anche quelli dei nostri genitori. Perché quel bambino che gioca in cortile in via dell’Acqua Bullicante ci parla di un altro modo di vivere, di una società certamente più semplice, in cui era necessario accontentarsi di poco, ma in cui i rapporti umani erano franchi e in cui pur non avendo tutto si andava avanti dignitosamente. Tra battute sagaci ed episodi coloriti, prendono allora vita i vicini di casa, soprattutto quelli più bizzarri, i compagni di gioco, la madre nella sua praticità e nelle sue abitudini, come quella di preparare il liquore economico che in casa non manca mai e che viene immancabilmente offerto agli ospiti. Liquore del quale la sera, sulla poltrona, il padre di Claudio ama bere “un bicchierino”. Ecco, il padre Tarquinio: è la personalità di quest’uomo che mano a mano prende forma in maniera più decisa in questo tenero racconto di un tempo andato, tratteggiando un carattere ribelle, di tanto in tanto burbero, ma che sa essere buono,  insegnare quello che è giusto e quello che è sbagliato e che ci tiene a rimarcare come “i gesti contano più delle parole”.

Un giorno il piccolo Claudio, curiosando tra gli oggetti del genitore, prende in mano la patente di guida per sbirciare la foto del papà, volendo vedere com’egli era da giovane. Con sorpresa, da documento scivola in terra un’altra fotografia che però è di uno sconosciuto. C’è di più: è la fotografia di un carabiniere. Ecco che nella testa del bimbo si accavallano le domande, perché di quel misterioso militare non ha mai sentito parlare, il volto non gli dice nulla, non è un parente stretto e non è uno degli amici di famiglia. Eppure, questo è fuor di dubbio, deve trattarsi di una persona molto importante, perché altrimenti il padre non ne porterebbe sempre con sé la fotografia. Quell’immagine cela una verità che è ora di conoscere.
Claudio Boccaccini dunque sa sorprendere, con uno spettacolo che viene messo in scena da più di dieci anni e che riserva non poche emozioni. Anche durante l’ennesima replica, lo scorso 10 aprile al Teatro Marconi di Roma, si è sorriso e riso (tanto) con un pizzico di nostalgia, rapiti dai momenti lontani eppure così vividi che ci sa restituire questo testo così abilmente scritto. Poi, tra i numerosi personaggi dai contorni tipici della commedia all’italiana, si fa largo una figura umile eppure gigantesca nel suo valore. Sull’identità del carabiniere preferiamo non anticipare nulla, ma è attorno a lui che i toni leggeri che ci hanno accompagnato nella prima parte si fanno lentamente più dolorosi, più delicati e infine più drammatici. Quando il padre di Claudio si mette finalmente seduto al tavolo per parlare a suo figlio, forse per la prima volta rivolgendosi a lui come si fa con “i grandi”, è il caso di affrontare il passato, una circostanza tragica che nella sua crudeltà si concretizza un giorno sul litorale di Palidoro, nei pressi di Roma. A quel carabiniere Tarquinio deve tutto, come glielo devono altre ventuno persone e le loro famiglie. Un debito di riconoscenza che dunque ha anche lo stesso Claudio e che oggi, come attore, regista ed autore teatrale, cerca di ripagare con questo struggente monologo. I giorni felici, spensierati che fin qui ci sono stati brillantemente ricordati, infatti, sono stati vissuti proprio grazie a qualcuno che ha fatto una scelta, ritenendola la cosa più giusta. Una scelta enorme.

Di fronte alla superficialità che dilaga in tanti aspetti della società, è bene riflettere su coloro che questa libertà (ormai data per scontata) hanno fatto in modo di farcela avere e al termine, tra gli immancabili applausi, di fronte alla foto del carabiniere non possiamo che pensare che questa serata a teatro ci ha fatto del bene.

Massimo Brigandì

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