Ballata di uomini e cani

Il teatro italiano è vivo più che mai in Svizzera. Non solo per i comici di Zelig che spesso riempiono i palazzetti dello sport di ogni cantone elvetico, ma anche per un teatro più “culturale” e partecipato come quello di Marco Paolini, famoso soprattutto  per il teatro civile e per il suo celebre racconto sulla strage del Vajont.

A Lugano, l’attore veneto ha portato in scena un canzoniere teatrale con tre brani tratti da “Ballata di uomini e cani”, del grande scrittore statunitense Jack London.

Il Klondike è una landa fredda, dove il gelo ti “taglia” le mani e rende insensibili i piedi. Quando le temperature scendono a 60 gradi sotto zero, anche il fuoco fatica ad accendersi. Gli uomini che intraprendono un viaggio sanno che l’obiettivo è lontano e la meta può rappresentare o la vita o, anche, le grosse pepite d’oro che si nascondono nel letto di un fiume, troppo lungo e con le acque gelide. Fa freddo, eppure l’uomo tenta comunque il viaggio, perché «ogni tanto tutti i vagabondi del pianeta si trovano nello stesso posto».

Ma il narratore non è l’uomo: è il cane. Ed è un cane che, grazie alla bravura di Paolini, ti inchioda a quelle atmosfere, a quel freddo, a quell’aria gelida che soffia anche sugli spettatori. I cani da slitta ringhiano e mordono l’aria che gli si staglia davanti, concentrati solo sul loro obiettivo, resistere alla paura e coltivare la speranza di arrivare in un posto caldo e sfamarsi.

Lo spettacolo si svolge in tre racconti, ma sono tutte storie ambientate in una natura selvaggia e non sempre amichevole, in paesaggi che, nella loro bellezza glaciale, amplificano il senso dell’umana solitudine alla frontiera del mondo. Una solitudine che si stempera nello sguardo talvolta beffardo, talvolta cattivo ma pur sempre fedele dell’unico compagno dell’uomo, il cane.

Il cane che racconta l’uomo. Lo fa con il suo punto di vista, con le sue emozioni, che comprendono anche la rabbia e l’odio. Ma anche istinto di sopravvivenza, come quando l’uomo muore e il cane fugge lontano, con il senso di colpa di abbandonare il proprio padrone, eppure consapevole di dover sopravvivere. Il cane è sempre protagonista: puoi abbandonarlo, ma lui tornerà sempre a casa. Puoi picchiarlo fino quasi ad ucciderlo, come l’uomo ha fatto con il cane Bastardo e puoi perfino pensare di ucciderlo per scaldarti, ma lui ti resterà comunque accanto.

Lo spettacolo ci racconta l’epopea della ricerca all’oro, e pur nella durezza dei racconti, ci consegna anche un inno alla vita e all’amicizia. Bravissimo Paolini, ben supportato dalle musiche di Lorenzo Monguzzi (voce e chitarra), Angelo Baselli (clarinetto) e Gianluca Casadei (fisarmonica).

Racconti e musiche che spronano a prendere la vita “di petto”, senza aspettare il caffè di una moka preparata la sera prima.

Non puoi scegliere il tuo cane, sembrano volerci dire i tre racconti – esattamente come non puoi scegliere il corso del tuo destino.

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