GENERE: Biografico, Drammatico
ANNO: 2018
REGIA: Fernando León de Aranoa
CAST: Javier Bardem, Penélope Cruz, Peter Sarsgaard, Julieth Restrepo, David Valencia.
PAESE: Spagna, Bulgaria
DURATA: 123 Min
DISTRIBUZIONE: Notorious Pictures
TRAMA: La vita criminale di Pablo Escobar, la sua ascesa a capo indiscusso del cartello della droga di Medellin all’inizio degli anni Ottanta fino alla morte nel 1993, passando per gli anni del terrorismo, con un punto di vista di eccezione: quella del rapporto dell’amante giornalista Virginia Vallejo.
La figura del più grande narcotrafficante colombiano continua ad affascinare registi e sceneggiatori. Dopo il film del 2014, con un grandissimo Del Toro a donare le fattezze al capo del cartello della droga di Medellin, è il cineasta Aranoa a cimentarsi con la vita del boss tristemente famoso (interpretato da Javier Bardem). L’incredibile successo della seria “Narcos” andata in onda su Netflix gioca sicuramente un ruolo precipuo in questa escalation storica e biografica che sembra quasi “venerarne” la figura. Stavolta, però, il punto di vista è quello dell’ambiziosa giornalista colombiana Virginia Valleyo, interpretata nella pellicola dalla sempre convincente Penelope Cruz (il film è l’adattamento cinematografico del suo libro “Loving Pablo, Hating Escobar“). La storia è nota: decisa a conoscere più da vicino il boss Pablo finisce per innamorarsene fino a diventare la sua amante. Durante gli anni della sua relazione, Escobar, sempre più senza scrupoli, completerà la sua ascesa fino a diventare il più potente narcotrafficante di sempre, capace di condizionare non solo la politica locale, ma anche le relazioni commerciali e diplomatiche di altri paesi, sudamericani e non. Trascinata negli abissi sarà proprio la Valleyo a “consegnare” alla DEA, il dipartimento antidroga statunitense, tutti i segreti su Escobar.
L’Escobar di Bardem ha un’aria più “naive” rispetto a quella raccontata nelle altre pellicole. Padre di famiglia, attento ai bisogni della comunità, “eroe popolare”, ma spietato e feroce con i suoi rivali. Tuttavia, il film non cede che a un lungo quanto innocuo racconto a basso ritmo, abbastanza monocorde nonostante i ricchissimi fatti storici di cui si narra. Anche la stessa relazione tra la giornalista e il boss è solo “accennata”, poiché non lascia intravedere le mille sfaccettature di un rapporto di tale portata. Troppo velocemente, senza che allo spettatore sia dato modo di assorbire le svolte narrative, avviene il passaggio da amante fedele a nemica “traditrice”. Dalla compiacenza degli anni precedenti (nonostante i crimini efferati) alla fredda fine di una storia con una telefonata. I dialoghi risultano semplici, didascalici. I fatti narrati una serie di “diapositive” della storia con un fil rouge che sembra essere “incollato” via via con la forza. La sceneggiatura documenta i fatti senza poetica, in una narrazione sterile e poco appassionata: l’ingresso in politica, la corruzione, il carcere dorato nella “Cathedral”, gli anni delle stragi, fino alla latitanza e la morte sui tetti della propria città.
Su Pablo Escobar è stato raccontato molto. Le recenti produzioni sembrano voler approfittare dell’onda di successo che la serie televisiva ha donato a un personaggio tragico della storia del ‘900. Negli occhi dello spettatore, tuttavia, non può non palesarsi un confronto impietoso con la serie “Narcos” e l’uscita di questo film, a distanza così ravvicinata rispetto a una delle serie TV più amate di sempre, non aggiunge nulla alla complessità storica e biografica di Pablo Escobar.