FA’AFAFINE. MI CHIAMO ALEX E SONO UN DINOSAURO

Una semplice storia dolce da condividere
Spettacolo vincitore Premio Eolo Award 2016 “Miglior spettacolo di teatro ragazzi e giovani”, vincitore premio Infogiovani 2015 Fit Festival Lugano, vincitore Premio Scenario Infanzia 2014.
Testo e regia di Giuliano Scarpinato con Michele Degirolamo, Gioia Salvatori e Giuliano Scarpinato.
Fa'afine2Ho avuto modo di assistere allo spettacolo Fa’Afafine lo scorso 18 Marzo, all’ex C.S.O.A. Angelo Mai di Roma.
Devo ammettere che sono andata a vedere lo spettacolo essendo all’oscuro di tutte le polemiche (ad esempio le oltre 80000 firme raccolte per chiedere al Ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli di impedire che le scuole vadano allo spettacolo senza l’autorizzazione delle famiglie) che lo avevano investito nei mesi scorsi e scevra da qualsiasi pregiudizio. Non sapevo di che trattasse, ero rimasta colpito dal V.M. 8 anni sulla locandina ed ero curiosa di vederlo solo perché ci tenevano due miei amici educatori, entrambi come me professionisti delle relazioni d’aiuto e impegnati fra scuola e sociale.
La storia è quella di Alex, un bambino di 8 anni, interpretato da Michele Degirolamo, che a giorni alterni si sente maschio o femmina. Alex sceglie con goffaggine e creatività spontanea i vestiti da indossare, da principessa o da supereroe Marvel, ha come amici immaginari top model e porcellini di gomma, vive a scuola e fra i coetanei quel bullismo quasi troppo spesso autorizzato dal modo in cui gli adulti raccontano il mondo ai bambini, e aspetta l’arrivo del compagnetto di classe di cui è innamorato.
A fronte di un rifiuto, quando scoprirà che il bambino a cui vuol bene non vuole andare a scuola per non essere deriso a sua volta a causa dei cuoricini che gli ha fatto trovare Alex, decide di chiudersi in camera, di chiudersi in sé stesso, lasciando fuori anche i propri genitori che non sanno che pesci prendere né come comportarsi. Fa'afine1Preferisce fantasticare del luogo lontano dove avrebbe potuto essere felice, consapevole nonostante la tenera età che viviamo in una società dove la differenza individuale nei bambini spesso viene rifiutata o maldestramente contenuta.
Non spiego il finale delicatissimo e ironico dello spettacolo ovviamente con la speranza che altri vadano a vederlo. Posso aggiungere che i bambini presenti in sala erano estremamente divertiti e incuriositi dalla storia, resa ancora più comprensibile dalle tecnologie utilizzate nella narrazione. Insomma, usciti da lì fra colleghi abbiamo pensato che fosse uno spettacolo da proporre assolutamente nelle scuole dell’obbligo. Quello che posso dire è che sia io che i miei colleghi eravamo commossi dopo la fine della rappresentazione, forse perché di bambini da crescere ne vediamo tanti, ed eravamo allo stesso tempo giustamente un po’ più speranzosi e divertiti.
Elisabetta “Curvy Chanel” Giliberti

 

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