IL COSTUME BURLESQUE

Realizzarlo, indossarlo, toglierlo
Foto Giovanni Trinchese
Coco Chanel diceva che prima di uscire di casa bisognava guardarsi allo specchio e togliere qualcosa dal proprio outifit, perché riteneva che l’eleganza era rappresentata dalla semplicità e mai dall’eccesso. Questa massima è impossibile da applicare ad un costume di burlesque, perché esso stesso racconta la storia, è la storia. L’entrata in scena che sia con il “welcome” oppure “on stage”, ovvero il primo ingresso partendo da dietro le quinte, il secondo sulla scena stessa, deve colpire e far capire subito allo spettatore che cosa deve aspettarsi da quel numero.
Il costume è essenziale in questa fase. Direi che è come la prima scena di un film: se si perde l’inizio è poi difficile riuscire a capire il senso di tutta la storia. L’abito burlesque esprime tutto ciò che la perfomer vorrà comunicare per il resto del suo act. Impossibile che sia minimal, a meno che ciò non abbia un senso per la storia, ma essendo un abito nato con la sola funzione di essere tolto, studiato per questo, in realtà non lo è mai. Nelle migliori tradizioni burlesque il costume deve incantare lo spettatore. Lo deve sedurre, far sognare, stuzzicare. Per gli uomini in sala aumentare il desiderio di vederlo a terra, per le donne immaginarlo indossato da loro stesse. Quante di noi performer hanno cominciato a studiare questa disciplina perché ammaliate dal luccichio di un abito, o dalla seducente morbidezza delle piume? Per non parlare del l’intimo che viene usato, curato nei minimi dettagli, perfetto come una seconda pelle, luminoso e a volte correttivo, perché alcune coulotte in uso dallo stile fifty regalano pancia più piatta e vitino di vespa anche a chi non lo ha. L’ultimo capo a cadere a terra è quasi sempre il reggiseno che scopre dei meravigliosi gioielli: il seno e la sua sensualità ed i tassels o pasties, ovvero i copricapezzoli, oggetti di culto nel burlesque veri e propri bijoux artigianali coordinati al costume.
L’abito burlesque è quanto di più complicato ci possa essere nell’infinita semplicità. Sembrerebbe una frase contraddittoria ma in realtà è proprio così. Costruire un abito di scena, con la funzione di essere tolto deve avere la priorità di essere appunto “facilmente sfilabile”. Che sia quello di una principessa, di una regina delle nevi, piuttosto che dama dell’ottocento, deve incantare lo spettatore non solo per la sua bellezza ed unicità ma anche per la semplicità con cui l’artista con l’aiuto di due sole dita (perché l’altra mano magari è impegnata con un oggetto di scena) sgancia parte del costume e lo fa cadere con una semplicità ed una naturalezza che fa credere a chi la guarda che sia la cosa più semplice del mondo.
Quanta fatica in quel gesto, studiato, corretto, rivisto infinite volte in prova! Il costume è l’act stesso, se si incastra in un gancetto, se si toglie con difficoltà oppure se la perfomer insiste nel tirarlo via, a meno che non sia previsto questo gioco e si voglia interpretare un atto comico, il numero è compromesso, la bellezza di qualsiasi gesto successivo al problema è smorzata. E’ così! La perfomer quando è in scena deve avere il controllo assoluto su tutto, ed il costume è il prolungamento di sé. La mimica facciale deve coadiuvare quello che si sta facendo, mascherare i problemi che insorgono, distraendo il pubblico. Le perfomers sono delle vere e proprie illusioniste e l’abito è la bacchetta magica che fa credere alla magia che si sta compiendo. Nella magia, come nelle migliori favole, non può mancare il luccichio ed i capi burlesque vivono di luce propria. Più brillano e più incantano, perché le luci che sono in scena risaltano e catturano ogni sfumatura e variazione di colore e aggiungono emozione. Fatta questa lunga premessa si capisce quanto sia impegnativo costruire il proprio costume. Occorre tempo, manualità, ingegno, pazienza, gusto e stile.
Tutte qualità importanti ma gusto e stile direi che sono fondamentali. Il costume di burlesque non è una maschera, non è un abito carnevalesco. Quando si entra in scena lo spettatore non deve pensare che si sta festeggiando martedì grasso fra amici. Non si “scimmiotta” un abito di burlesque, altrimenti diventa da subito una parodia. Se non si hanno grandi possibilità economiche da investire con le più importanti e famose costumiste nel campo (che delizia e godimento guardare le loro creazioni, a me viene letteralmente l’acquolina in bocca!), occorre partire da una base già fatta, una buona base, evitando materiale estremamente cheap.
Per questo motivo chi fa da sé impiega mesi prima che il costume sia pronto, e costruisce l’act intorno a questo, la coreografia è direttamente proporzionale all’abito stesso. Sono vere e proprie opere d’arte, di ingegneria e di eleganza, di astuzia e glamour. Ho stima immensa per chi si dedica con passione a queste creazioni, perché so che a volte si fanno le ore piccole senza accorgersi del tempo che passa, cucendo ed incollando strass, costruendo copricapi e sagomando pasties, infreddolendosi d’inverno, sudando d’estate, dimenticando perfino di mangiare a volte. Cara Coco non saremo mai le tue icone di eleganza semplice, perché noi, uscendo in scena, difficilmente togliamo e se per caso dimentichiamo un pezzo del costume in camerino sarà una difficoltà in più da gestire sul palco.
Marzia Bortolotti Sophie Sapphire
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