IL ROCK MELODICO DEL MR. BIG FUNZIONA ANCORA

Pur mancando momenti epocali si fa ascoltare

MR. BIG – DEFYING GRAVITY – FRONTIERS – 2017

Produzione: Kevin Elson

Formazione: Eric Martin – voce; Paul Gilbert – chitarra e cori; Billy Sheehan – basso e cori; Pat Torpey – batteria e cori; Matt Starr – batteria e cori

Titoli: 1) Open your eyes – 2) Defying gravity – 3) Everybody needs a little trouble – 4) Damn I’m in love again – 5) Mean to me – 6) Nothin’ bad (’bout feelin’ good) – 7) Forever & back – 8) She’s all coming back to me now – 9) 1992 – 10) Nothing at all – 11) Be kind

 

Tra i grandi maestri del rock melodico degli anni ’80 e ’90, i Mr. Big continuano a non perdersi d’animo di fronte ai mutamenti della scena musicale mondiale e vanno dritti per la loro strada, con la solita ricetta che a dispetto di tutto e tutti tutto sommato funziona.

Formazione e produzione sono quelle storiche, e la vena artistica non sembra aver ceduto troppo il passo all’avanzare dell’età e dei malanni del batterista Pat Torpey, che infatti viene qui stabilmente assistito da Matt Starr, e questa perseveranza ha comunque il suo valore a prescindere. Non per niente l’album si apre con le parole “Ok, let’s rock!”.

Entrando nello specifico, però, fin dal bellissimo riff iniziale di Open your eyes proprio la produzione che tanto prometteva mette in mostra un sound un pochino piatto, privo di quella vitalità dei bei tempi, sound che resterà per tutto l’album (registrato piuttosto frettolosamente come riconosciuto dalla stessa band, per creare un’atmosfera di spontaneità che sicuramente non manca), episodicamente ma non sempre bilanciato da una qualità compositiva e quasi sempre dall’abilità tecnica dei musicisti, in particolare Paul Gilbert alla chitarra e il vocalist Eric Martin, abile soprattutto a non voler strafare, e anche Billy Sheehan al basso in duetto col chitarrista stesso su Mean to me, tecnica pura da parte di entrambi, conferma sempre gradita.

Il ritmo più trascinante mi è sembrato quello espresso in Everybody needs a little trouble, cadenza non velocissima ma incessante, voce ben modulata, contrassegnata da un guitar solo molto blues ma dei nostri tempi, ma non è male neanche l’acustica (e ruffiana al punto giusto) Nothin’ bad (’bout fellin’ good), una commistione di più atmosfere, un crescendo lento ma costante, la voce più limpida del disco.

Personalmente mi appaiono gli unici episodi un pò fuori dalle righe; Damn I’m in love again Forever & back sono due ballad in stile Mr. Big, ben assemblate ma non lasciano il segno, il resto dei pezzi fa la sua porca figura in un panorama scarso di per sè, ma non vanno oltre l’ascolto del momento. La stessa title-track Defying gravity manca di quella cattiveria “agonistica” che spesso i Mr. Big hanno avuto dentro; interessante qualche sonorità a tinte orientali ma nulla più.

Un disco nel complesso più che sufficiente, che con queste parole non troppo benevole paga soprattutto il confronto con la storia della band, ma comunque tenuto in piedi dal mestiere.

Alessandro Tozzi

 

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