IN PRINCIPIO ERA IL SILENZIO
Un’ipotesi apocrifa per il Vangelo di Maria Maddalena
Di Roberta Calandra
Regia Antonio Serrano
Con Valentina Ghetti, Mauro Racanati
Aiuto regia Gianna Paola Scaffidi
Costumi Michela Marino
Musiche Emanuele Martorelli
Al Cometa Off dal 27 febbraio al 1 marzo 2020
(25 e 26 febbraio serate a inviti)
Dal martedì al sabato ore 21 domenica ore 18
INTRO: La figura di Maria Maddalena raccontata attraverso la tradizione apocrifa che dipinge Maddalena come discepola prediletta e immagine del Cristo stesso. Una donna straordinariamente vitale, illuminata, che aveva con Gesù una relazione profondamente intima che l’ha resa erede di un insegnamento di libertà.
Con un occhio al Marat Sade di Peter Brook e un altro a Godot, Gesù e Maddalena nel pieno di una complessa consapevolezza spirituale, come fossero diventati quello che la Storia non ha permesso, ci faranno chiedere ad ogni tappa chi sono veramente: santi, barboni, vagabondi, millantatori, illusionisti, pazzi o semplici compagni di viaggio?
I due protagonisti rimandano al consueto gioco delle identità: chi siamo veramente e come ci vedono gli altri? Sono un santo e la sua seguace, un uomo e la sua amante, ma forse anche un burattinaio e la sua marionetta, a sottolineare il punto centrale dell’insegnamento del Cristo stesso: un profondo invito all’autenticità del proprio essere. Come il Matto dei Tarocchi la loro conversazione viaggia nel tempo e racconta verità alternate: il timore di perdersi, la paura della morte, la decisione di un uomo che per adesione e fede nel divino rinuncia alla sua dimensione terrena, il senso di vuoto che già percepisce una donna consapevole della decisione irrevocabile del suo uomo ma che tenta fino all’ultimo di persuaderlo. Penetrando zone ineffabili del cuore e spaziando da teorie metafisiche a momenti comici in una ricerca della felicità antichissima e affannosamente contemporanea, dove purezza religiosa e istinti carnali si tendono gioiosamente la mano.
Opinione personale, anzi, personalissima: se nel corso della Storia le cosiddette religioni rivelate o abramitiche hanno mostrato spesso il loro volto peggiore, un volto fatto di costrizioni psicofisiche e di massacri, di censure comportamentali e dogmatismo, di rincorsa al potere temporale e annullamento delle conquiste spirituali compiute da precedenti e filosoficamente più alte forme di civiltà, qualche traccia di un pensiero più autentico ed elevato in esse è comunque presente. Magari alla loro origine o “a latere”, ai margini, in quei provvidenziali interstizi creati da dottrine ed esperienze comunitarie frequentemente ostracizzate, non a caso, da seguaci dell’ortodossia religiosa pronti a bollarle come eretiche e perciò perseguibili. Talora anche tramite indicibili violenze.
Tale è il motivo per cui in campo musulmano non si possono certo confondere la saggezza del Sufismo e le abominevoli pratiche riconducibili al fondamentalismo islamico. E di natura simile è anche l’interesse che può ancora oggi destare la figura del Cristo, se la si sottrae al rigido, cupo e cieco fanatismo che ha caratterizzato la Chiesa cristiana, sin dagli inizi, per riportarla al messaggio più aperto e dialettico di coloro che sarebbero poi rimasti “sconfitti”, nell’agone teologico, ossia il messaggio presente in certi Vangeli Gnostici.
Ecco, traendo spunto proprio dalla figura di Maria Maddalena, dal differente carisma e dalle così peculiari prerogative che in tale tradizione le vengono attribuite, Roberta Calandra ha saputo costruire uno spettacolo che approccia temi spirituali con grande libertà e leggerezza, lasciando intendere che la carnalità può accompagnare la profondità, non esserle d’impaccio. Contrariamente a quello che i San Paolo e i San Pietro di tutte le epoche, soffocando gli impulsi primari con la loro tetraggine, ci hanno obbligato a pensare.
Dal 27 febbraio al 1° marzo è andato così in scena, al Teatro Cometa Off di Testaccio, Roma, In principio era il silenzio: testo di Roberta Calandra presentato quale ipotesi apocrifa per il Vangelo di Maria Maddalena, coi bravissimi Valentina Ghetti e Mauro Racanati a duettare sul palco, per la regia di Antonio Serrano. Noialtri siamo capitati lì il 29 febbraio, come a rimarcare l’eccezionalità dell’evento.
Del resto il critico, un po’ come l’assassino, torna sempre sul “luogo del delitto”, ed il Cometa Off aveva già rappresentato per noi la location di uno spettacolo della Calandra con Valentina Ghetti tra i protagonisti, La strategia del colibrì.
Qui ci siamo trovati di fronte una scenografia forse ancora più dimessa, essenziale, con un divanetto sgualcito in mezzo al palco a fare da fulcro, per gli appassionanti e struggenti confronti dialettici Tra Gesù e Maria Maddalena, nelle ore precedenti il Calvario. Seppur con levità, si parte subito in quarta: gli altri discepoli sono stati già congedati, la Maddalena che del Cristo è la discepola prediletta (nonché l’amante, la confidente, la sponda dei pensieri più intimi e profondi) vorrebbe persuadere il Maestro che la Croce non è l’unica via per affermare quel dirompente messaggio. Parafrasando Mark Renton e Trainspotting, sembra dirgli: scegli il futuro, scegli la vita. Ma il suo Rabbì è come prigioniero dei propri insegnamenti, li ripete a macchinetta, convinto in cuor suo della necessità di adempiere fino in fondo a quella missione, di restare fedele all’immagine di sé sapientemente costruita nel tempo. Tra ricordi di azioni miracolose e semplicità quotidiana, istanze umane ed altre di natura sacrale, divina, si intrecciano e dialogano tra loro, seppur con difficoltà, creando un sofferto ma veritiero dibattito intorno a ciò che sembrerebbe già stabilito, ineluttabile.
Il tempo è naturalmente quello dell’attesa. A rimarcarlo un leggero sottofondo, dall’effetto quasi fastidioso, che rimanda ai suoni e al vociare di una classica sala d’aspetto. Ma vi sono altri interventi registici, in particolare l’illuminazione del palco, che con accortezza (lode perciò anche ad Antonio Serrano) spostano l’attenzione da un personaggio all’altro, sottolineando in modo acuto e sottile il differente peso delle loro parole, il cangiante fluire dei pensieri. Colpisce in particolare l’accendersi repentino, progressivo e deciso di una luce quasi mistica sul volto di Valentina Ghetti, perché in fondo è lei la figura davvero illuminata e cosciente, in quanto dionisiaca, vitale, isiaca. Mentre la sua guida spirituale, bravo pure Mauro Racanati a modulare con delicatezza i toni, alterna ispirati apologhi a momenti nei quali, ancorché incalzato dalla spontaneità della compagna, si vede costretto ad arretrare, trincerandosi dietro i propri precetti di vita. E per recuperare un ruolo da “conduttore” (che una Maria Maddalena nelle vesti inedite di “intervistatrice” arriva temporaneamente a sottrargli) lo osserviamo anche muovere fili invisibili, quasi nelle vesti di burattinaio celeste, per recuperare il controllo della situazione.
Ecco, si potrebbe anche dire che questa “poetica dei fili”, dei legacci imposti o comunque tollerati, stia diventando una costante nel teatro di Roberta Calandra, se si pensa per esempio all’appariscente “fil rouge” proteso sui protagonisti de La strategia del colibrì. Ad ogni modo nessuna pesantezza affligge In principio era il silenzio. Temi ponderosi si dipanano tramite una messa in scena che mescola senza timori reverenziali la matrice filosofico/religiosa e certi stranianti quadretti, che grazie all’approccio degli interpreti o a qualche trovata registica filtrano drammi esistenziali alla luce di una sottile ironia; la quale diventa quasi sfacciata (e quindi irresistibile) allorché un celebre brano dei Ricchi e Poveri (alquanto pleonastico sottolineare quale, vista la figura femminile al centro della pièce) fa irruzione nell’ameno quadretto biblico, aprendo una parentesi pop dall’indubbio valore catartico