Leo Bhanji scrive canzoni spettrali, prototipi scheletrici malformati di cui non tenta di nascondere le viscere.
“Damaged” è volutamente ambigua nel suo collage di pop lo-fi, R&B, hip-hop, musica sacra e dance del Regno Unito, con suoni che si alternano in risposta alla voce del flusso di coscienza di Bhanji.
Mentre la voce dell’artista londinese cambia tra il mormorio di King Krule e il croon di Auto-Tune, il ritmo cambia con lui, catturando sia l’ansia che l’accettazione di un’intima epifania a tarda notte.
Antonio Alberto Di Santo