Fruscii sinuosi, sibili imprevedibili, ritmi metropolitani, percussioni incalzanti e battiti che entrano dritti al cuore. I sensi sono conquistati dalla metamorfosi del quotidiano che diventa straordinario, dal rumore che scivola nel ritmo, dal caos che si trasforma in danza e teatro.
E’ impossibile resistere, non lasciarsi trascinare e sedurre dall’inconfondibile street art di Stomp che rifiuta qualsiasi tipo di confine, culturale, linguistico o generazionale.
Lo spettacolo di Stomp andato di scena al teatro Brancaccio dal 9 al 20 maggio non ha infatti minimamente risentito dei venticinque anni di attività e successi della compagnia che come sempre ha messo sul palco energia allo stato puro che ha invaso e scosso gli spettatori che in vortice ritmico continuo non hanno potuto fare a meno di accompagnare le esibizioni dei percussionisti-acrobati-ballerini-attori.
Uno spettacolo dal messaggio chiaro e universale dove ogni oggetto quotidiano, anche il più insignificante, sembra avere il proprio posto nell’universo. Si apre il sipario e in una scenografia urbana che ricorda molto i ghetti newyorkesi, d’incanto, i grigi sobborghi metropolitani e le cose di uso comune escono dall’anonimato di un angusto ripostiglio per diventare protagoniste assolute di una sinfonia urbana fatta di ritmo, danza e suoni. Niente trama, parole e personaggi, solo utensili di tutti i giorni e materiali di scarto. E’ l’indiscussa rivincita di vecchi spazzoloni, lavandini arrugginiti, scope impolverate, giornali letti e riletti, bidoni malmessi ma anche di accendini, tubi e pentole. Suoni che si avvicendano in un incalzante e ipnotico botta e risposta scandito da acrobatiche coreografie e atmosfere che ricordano la pop art, il cinema muto e le esibizioni circensi.
Un mix perfetto capace di divertire, stupire, appassionare e al tempo stesso far riflettere su come la velocità di questa agognata modernità troppo spesso faccia perdere il senso delle piccole cose, ancora capaci, invece, di raccontare un fantastico mondo nascosto.
Simone Rossi