Lo spettacolo del mondo e la spettacolarità fittizia: viaggio alle Niagara Falls

Dite che in un quotidiano di arte, musica e spettacolo si possa ritagliare un piccolo spazio per uno spettacolo naturale con pochi eguali al mondo? Io credo di sì, soprattutto se messe in relazione con la sempiterna ricerca di spettacolarità che la fa da padrone nei territori nordamericani.
Sto parlando delle famosissime Cascate del Niagara, di cui non si comprende totalmente la portata fin quando non ci si ritrova ai loro piedi. Confine naturale tra gli USA e il Canada, le Niagara Falls si articolano in un complesso di tre cascate: dal lato canadese, le horseshoe falls (cascate a ferro di cavallo), le quali senza soluzione di continuità sconfinano nelle American Falls; quest’ultime, insieme con le più piccole Bridal Veil Falls (cascate ‘a velo nuziale’), poco distanti – separate dall’isola delle capre (Goat Island) – costituiscono il patrimonio statunitense.

Uno spettacolo unico al mondo, dicevo, dato dalla vastità dello scenario e dalla colossale portata d’acqua, circa centosettanta metricubi al minuto che dalla cittadina Niagara Falls nello stato di New York precipitano nella cittadina omonima e gemella di Niagara Falls Ontario. (Quasi) inevitabilmente, le cittadine circostanti si sono prodigate non poco per accogliere i milioni di visitatori annui (milioni non è iperbolico: nel 2015 i turisti hanno superato i 19 milioni).

A Niagara Falls Ontario, quel che salta immediatamente all’occhio è la spettacolarità con cui i turisti vengono accolti immediatamente prima di accedere al parco che affaccia sulle cascate: una città parco giochi, dove tutto, anziché convergere verso la maestosità della realtà naturale, diverte.

(Ph: Anna Chichi)

Di contorno abbiamo dunque locali, musica e luci, ruote panoramiche, giardino di dinosauri, Frankestein Burgers, Laser tag e fuochi d’artificio. La spettacolarità che trasforma la realtà in apparenza si scontra con quello spettacolo che è il mondo: le cascate non si scandalizzano e scrosciano col loro moto infinito, continuo, imperterrito, e forse sarebbe il caso di recuperare l’aggettivo omerico per il mare: instancabile. Stanno lì a dimostrare che non c’è spettacolarità fittizia che tenga dinnanzi a una realtà così imponente: una realtà che è sublime e che diventa segno di qualcos’altro, non più solo apparenza. Quando la barchetta – vista nel contesto, per quanto grande, altro non può essere che una barchetta – si avvicina alla gola del ferro di cavallo cala il silenzio dei milioni di visitatori che dimenticano per un istante i laser, i milkshake e lo sciroppo d’acero, e lasciano spazio alla meraviglia. Il nome Niagara ha origini antichissime: nella lingua dei popoli Nativi, Onguiaahra che significa acque tuonanti, dimora del Dio Tuono He-No. Sicuramente, fosse anche solo per un istante, si ha la percezione che ci sia qualcosa di divino dietro quell’ammassarsi d’acqua. È un qualcosa di straordinario davanti al quale non regge il confronto nessun albergo di centinaia di piani, nessun artificiere, nessun tentativo di ridurre la realtà a cartolina.

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