Dal 5 settembre 2018 palchi, eventi e set cinematografici sono orfani de La Karl du Pignè, al secolo Andrea Berardicurti, una Drag Queen che era ormai entrata a buon diritto nella mitologia del mondo artistico da un lato ed in quello dell’impegno politico a favore della causa LGBTQ dall’altro.
Aveva solo 61 anni e nei 30 anni in cui si è esibita ha seminato – e seminato, ritengo sia il termine più appropriato – inclusione, accoglienza, ironia, intelligenza, cultura e soprattutto, affetto. Ovviamente, solo chi ha avuto modo di cononoscerla e frequentarla più da vicino sa che La Karl era molto di più di quello che poteva “apparire”, tanto in scena, quanto nel privato.
Confrontarsi con La Karl – sui tacchi o in ciabatte – non era mai un’impresa semplice; quando la incontravi per la prima volta ti guardava al di sotto delle sue spesse lenti da vista e ti disarmava con il suo “che voi?…”, che ti faceva già sentire protetto, al sicuro, in famiglia, a casa; quel senso di inclusione, di non discriminazione, che già bastavano per fartela amare come persona.
Io tento di ritrarla per voi così come l’ho conosciuta e vissuta io, mosca bianca (sono una Drag Queen eterosessuale), soprattutto sul piano artistico ed umano… Correva l’anno 2008 e a me che non sapevo quasi nulla del mondo delle Drag furono dette le seguenti testuali parole: “vai a farti una chiacchierata con La Karl che è una persona di grande umanità”. A distanza di 10 anni non posso che confermare quanto mi fu detto ed a mia volta, finché è stata con noi, ho perpetuato il rituale per le neo-Drag Queen, invitandole almeno a farsi conoscere da La Karl perchè sarebbe stata un’esperienza illuminante, di ispirazione, ancora una volta soprattutto sul piano umano.
Dell’essere Drag Queen diceva “è il mestiere più difficile del mondo” e – a mio modesto avviso – aveva ragione: non si tratta di essere solo bella, ne’ di essere una show-girl a tutto tondo o di atteggiarsi a Maria Stuarda: al di là del trasmettere un messaggio sociale che invitava ad accogliere la diversità facendone conoscenza più da vicino, sul piano artistico si tratta di regalare un’illusione al pubblico e spesso infatti ripeteva ridendo alle sue “ragazze” di DragQueenMania “siete delle false, anzi, falsissime”, sottointentendo il ruolo di illusioniste di cui ci facevamo carico con lei in scena e – mi sento di aggiungere – forse ancor di più durante i nostri intrattenimenti in sala, a riflettori spenti.
La Karl non si è mai sentita unica e (e qui mi rivolgo in particolare a chi fa spettacolo per professione o anche solo per diletto), non ha mai smesso di instillare nelle sue ragazze il germe sano di una vera condivisione di ideali ma anche di aiuto reciproco nel corso delle serate che organizzava. Leggenda vuole che tra Drag Queen corra una rivalità, una competizione che spesso rasenta il romanzesco ma io che leggenda non sono e c’ero, posso dire che dentro e fuori dai camerini di DragQueenMania si respirava la gioia di essere insieme, ognuna con le sue peculiarità eppure tutte tese in una sola direzione: il miglior successo della serata, non tanto per la soddisfazione personale delle artiste, che pure non è mai mancata, quanto per i sorrisi e l’apprezzamento del pubblico.
Non vi è dubbio che si intraprenda una carriera artistica anche per se’ stessi, e che spesso con il trascorrere del tempo se ne comprenda il potere terapeutico di quel che si fa, ma è anche vero che una Drag Queen, al pari di ogni altro artista, esiste solo nel momento in cui c’è un pubblico che la osserva esibirsi. Ecco, La Karl, oltre ad essere lei la prima a “donarsi” al suo pubblico, è stata in grado di trasmettere questo suo modo di essere anche alle sue collaboratrici e tenere testa a dodici Drag Queen, ognuna con le sue particolarità, credeteci, non è da tutti. Sorvolo su quelle che ormai sono e resteranno frasi idiomatiche e battute al vetriolo che solo pronunciate dalla bocca de La Karl potevano avere il sapore giusto, ma l’argomento è strettamente connesso al capitolo “ironia” e ancora di più a quello “auto-ironia”: nessuna artista della scuderia DragQueenMania si è mai sognata di “credersela” veramente più del dovuto.
E’ vero, davanti allo specchio, prima dello show, ci si manda i bacetti, si fanno le smorfie e insomma, in una parola, si “entra” nel personaggio, ma immaginare che molte delle scenette più gustose viste sul palco, potessero nascere -anche, oltre che da un meticoloso lavoro di preparazione – da piccole e grandi disgrazie personali può essere difficilmente credibile, per i non addetti ai lavori, eppure…
Nel corso di questi dieci, onoratissimi anni con LaKarl, le soddisfazioni più belle le abbiamo ricevute soprattutto fuori dal palco, quando qualcuno del pubblico ti correva dietro fino ai camerini per guardarti con occhi gioiosi e sussurrarti un “grazie di esistere” o un “sei una bellissima persona”. LaKarl, sempre artisticamente dicendo, era – per dirla alla romana – “tanta roba”: non era soltanto un’eccellente performer ma un’abilissima ed accorta pianificatrice, direttore artistico, organizzatrice e la sua immensa cultura personale le permetteva di relazionarsi nel più sereno e produttivo dei modi con qualunque interlocutore. Il risultato finale di ogni serata lasciava tutti non solo soddisfatti del singolo evento, ma in tutti creava la sensazione (meravigliosa, quando si lavora in gruppo) di sentirsi orgogliosamente ingranaggio essenziale di un meccanismo molto più ampio.
Ma La Karl aveva la marcia in più del lato umano e pur sperandolo, dubito di poter incontrare di nuovo una “persona” che sapeva leggerti dentro molto oltre quello che ti saresti aspettato. Come amo ripetere a chiunque e con orgoglio, affetto e stima, non ci sarebbe stata nessuna Monique de Torbel se non ci fosse stata La Karl du Pignè a credere in essa fin dal primo istante. Io. Io che sono una Drag Queen anomala in tutti i sensi, io che sono “Drag Queen per caso” eppure son durata dieci anni, a dispetto della mortalità neo-natale che affligge il mondo Drag. La Karl intuì da subito che nel mio caso, offrirmi la possibilità di esprimermi in scena non era darmi modo di espormi per vanità o per presunte velleità artistiche, ma era essenziale a dare spazio, voce, colore, luce alla mia essenza più intima di essere umano.
E non finisce qui, perché la mia “capa”, come la chiamavo io, oltre a crescermi artisticamente mi ha sostenuto anche in momenti difficili della mia vita, mi ha sempre infuso coraggio, ha saputo dare sfaccettature ai miei punti di vista che nemmeno un tagliatore di diamanti. Ancora, La Karl aveva un’etica ferrea, ha camminato tutta la vita a schiena dritta, chiamando le cose con il loro nome anche quando questo poteva attirarle antipatie e contrasti ma lo faceva perché “credeva” veramente in quel che pensava e portava avanti. E se pure contrasti ci sono stati, sfido chiunque a dire che non sia stata un’avversaria leale e che non abbia teso la propria mano persino all’avversario in difficoltà.
Sebbene il ritratto fin qui delineato appartenga al mio personale vissuto, mi auguro che le mie pennellate, che non sono che un abbozzo, un disegno preparatorio, possano essere di ispirazione a chi le luci del varietà già le conosce o a chi vorrebbe conoscerle e mi rivolgo non solo alle aspiranti Drag Queen ma a qualunque genere di artista. La Karl ha vissuto così: la luce dei riflettori cercava lei e lei cercava la luce. Ma solo per ridistribuirla sul genere umano che la circondava ed è bello pensare che questa eredità umana potrà posarsi su chi verrà, con la stessa magica leggerezza dei soffi di glitter di cui si imbeveva e che anche la sua prematura scomparsa, sia stata solo per coprirci ancor di più della sua prodigiosa Polvere di Stelle.
Monique de Torbel