Mdou Moctar ha incantato per la prima volta gli ascoltatori come interprete ai matrimoni nel suo paese d’origine, il Niger; le sue registrazioni dal vivo circolavano su schede SIM condivise.
Da allora, ha continuato a intentare approcci alla musica vernacolare del suo background tuareg con una chitarra ben sfacciata. In Afrique Victime, la sua prima uscita per Matador, Moctar insegue ancora di più arrangiamenti vivaci mentre critica l’eredità traumatica del brutale colonialismo francese in Africa.
I suoi assoli sfrecciano come fulmini attraverso una tempesta di melodia e ritmo, con il basso di Mikey Coltun che ribolle in un piccolo spazio tridimensionale.
La band si carica attraverso tracce energiche e leggermente psichedeliche (“Chismiten”, “Ya Habibti”), e trova più nodi da districare nelle loro parti più tranquille (“Asdikte Akal”, “Tala Tannam”).
La sua title track è un brivido puro, esplodendo mentre la coorte di Moctar si blocca in un ritmo frenetico. I resoconti sulla morte del rock sono stati enormemente esagerati: Afrique Victime è una registrazione straordinariamente vibrante e cinetica, che dimostra che il futuro della musica rock esiste ben oltre ciò che qualsiasi genere o confine geografico può definire.
Antonio Alberto Di Santo