Traduttore: I. Carmignani
Illustratore: S. Mulazzani
Editore: Guanda
Collana: Le Gabbianelle
Anno edizione: 2018
Pagine: 128
Trama: Da una conchiglia che un bambino raccoglie su una spiaggia cilena, a sud, molto a sud del mondo, una voce si leva, carica di memorie e di saggezza. È la voce della balena bianca, l’animale mitico che per decenni ha presidiato le acque che separano la costa da un’isola sacra per la gente nativa di quel luogo, la Gente del Mare. Il capodoglio color della luna, la creatura più grande di tutto l’oceano, ha conosciuto l’immensa solitudine e l’immensa profondità degli abissi, e ha dedicato la sua vita a svolgere con fedeltà il compito che gli è stato affidato da un capodoglio più anziano: un compito misterioso e cruciale, frutto di un patto che lega da tempo immemore le balene e la Gente del Mare. Per onorarlo, la grande balena bianca ha dovuto proteggere quel tratto di mare da altri uomini, i forestieri che con le loro navi vengono a portare via ogni cosa anche senza averne bisogno, senza riconoscenza e senza rispetto. Sono stati loro, i balenieri, a raccontare finora la storia della temutissima balena bianca, ma è venuto il momento che sia lei a prendere la parola e a far giungere fino a noi la sua voce antica come l’idioma del mare.
Ennesima bella poetica e tragica favola di questo autore cileno, questa volta da voce alla balena del colore della luna, in una bellissima reinterpretazione della storia di Moby Dick ma stavolta raccontata dalla balena nell’idioma del mare.
La storia la conosciamo dal punto di vista dell’uomo predatore che caccia le balene per nutrirsene e per ricavarne l’olio e il grasso necessari alla propria sopravvivenza perlomeno in epoche antiche, ma stavolta la storia è raccontata dal punto di vista delle prede ignare.
Bellissimo il racconto del popolo del mare, i Mapuche Lafkenche del Cile, e delle sue leggende sulle balene che accompagnano i Lafkenche nell’ultimo viaggio terreno verso l’aldilà, al pari di Caronte.
Emozionanti le vicende della balena bianca contro le barche dei balenieri che non riescono mai ad avere la meglio contro la forza della natura, emozionante e purtroppo triste anche il capitolo finale del libro.
In questo romanzo l’umanità passa in secondo piano, fa la parte di quello che effettivamente è a tutti gli effetti, ossia l’essere dominato dall’avidità e dalla cupidigia che riesce solo a rovinare e distruggere tutto quello che tocca senza avere rispetto per niente e per nessuno e senza capire che danni arreca al mondo in cui vive.
Questa storia ci invita a cambiare il nostro punto di vista, in pratica l’autore cerca di trasmetterci comprensione e rispetto per gli animali a discapito dell’avidità e della crudeltà purtroppo inevitabilmente insita nell’uomo; questa lettura ci invita a riflettere e a pensare, come del resto tutti i libri di Sepulveda, ognuno è una metafora sulla vita, un invito a rivalutare e rivedere certi comportamenti umani e anche questo libro è colmo di significati intrinseci, è come sempre una sottile metafora sulla natura presente in tanti altri libri di questo autore.
Inutile sottolineare che in questa storia ho parteggiato per le balene fino all’ultimo sperando in un epilogo diverso dal libro di Melville.