VA PENSIERO

Al Teatro Argentina lo spettacolo di Marco Martinelli, pensato per il popolo, focalizzato su chi ancora ha il coraggio di dire no

Roma, Teatro Argentina, 13 novembre 2018

VA PENSIERO di Marco Martinelli
Ideazione e regia: Marco Martinelli ed Ermanna Montanari
In scena: Ermanna Montanari, Alessandro Argnani, Salvatore Caruso, Tonia Garante, Roberto Magnani, Mirella Mastronardi, Ernesto Orrico, Gianni Parmiani, Laura Redaelli, Alessandro Renda
Con la partecipazione della Corale Polifonica Città di Anzio nell’esecuzione di alcuni brani dalle opere di Giuseppe Verdi
Incursione scenica: Fagio, Luca Pagliano
Arrangiamento e adattamenti musicali, accompagnatore e maestro del coro: Stefano Nanni
Scene: Edoardo Sanchi
Costumi: Giada Masi
Disegno luci: Fabio Sajiz
Musiche originali: Marco Olivieri
Suono: Marco Olivieri, Fagio
Consulenza musicale: Gerardo Guccini
Editing video: Alessandro Renda
Fotografie dello spettacolo: Silvia Lelli

Teatro Argentina, dal 13 al 18 novembre 
Orari spettacolo
martedì e venerdì ore 21.00
mercoledì e sabato ore 19.00
domenica ore 17.00

Intro: Va pensiero è una grande creazione corale, una drammaturgia di Marco Martinelli, che condivide l’ideazione e la regia con Ermanna Montanari, i quali prendono ispirazione dalla “speranza” risorgimentale inscritta nella musica di Giuseppe Verdi che fa da controcanto al “pantano” e alla corruzione dell’Italia di oggi. L’antica melodia di Verdi sorvola l’Italia che è intorno a noi, anzi che “siamo” noi, fotografando il disfacimento politico, l’impossibilità di riconoscersi negli ideali dei vecchi partiti, il declino del costume nazionale: elementi di un magma inestricabile che fa un tutt’uno con la nostra vita collettiva. Il testo si ispira ad un fatto di cronaca, infatti la storia è ambientata in una piccola città dell’Emilia Romagna all’inizio del secolo, dove un coraggioso vigile urbano non obbedisce ai poteri forti, e si fa licenziare pur di mantenere la propria integrità: l’intreccio di mafia, politica e imprenditoria “disponibile” che sta avvelenando il tessuto sociale della regione che ha visto nascere il socialismo e le prime cooperative.

 

Chi ha detto che, per farsi portavoce di impegno politico e alti valori, uno spettacolo teatrale debba essere per forza di cose austero, serioso e magari prolisso? Probabilmente qualcuno che non ha mai avuto a che fare con il teatro di Marco Martinelli. Sceso dall’Emilia Romagna a Roma, nella prestigiosa cornice del Teatro Argentina, l’autore di Va pensiero ci ha offerto un’ulteriore dimostrazione di come sul palco si possano far passare contenuti importanti, degni di suscitare interesse nella collettività, adottando al contempo una forma brillante e ariosa che assorbe con naturalezza momenti di satira, riflessioni pungenti, digressioni farsesche e musicalità pura. Del resto avevamo ancora negli occhi la recente proiezione al Ravenna Nightmare di Vita agli arresti di Aung San Suu Kyi, suo esordio cinematografico derivato da un’altra pièce di notevole spessore. Anche lì eclettismo, trovate stranianti, rifiuto dei canoni prestabiliti per le opere di impegno politico e sociale; a ribadire così la volontà di inserire determinati temi nei proprio testi, per metterli poi in scena con una freschezza e una libertà di linguaggio ignota ad altri.

Nel corso di Va pensiero si ride parecchio, magari in modo amaro, si resta poi di volta in volta incuriositi o turbati dalla vicenda, si cede infine al potere evocativo della musica stessa. Ancorato al fondale del Teatro Argentina vi è del resto un vero e proprio coro, che nel caso della trasferta romana corrisponde alla Corale Polifonica Città di Anzio, chiamata a intervallare le diverse situazioni portate in scena con arie di Giuseppe Verdi. Una scelta forse inconsueta, di sicuro ingombrante, ma che in uno spettacolo come questo assume strada facendo un significato sempre più forte, fino al gran finale: la dimensione corale è senz’altro tra le chiavi di lettura più belle di Va pensiero, proprio perché le azioni del singolo che acquista consapevolezza e si ribella a un sistema malato devono entrare in contatto, a un certo punto, con una coscienza collettiva finalmente risvegliata. Ed è qui che l’ambizione popolare del teatro di Martinelli si rivela senza falsi pudori.

Il singolo in questione, portavoce solitario (o quasi) della legalità in un contesto sociale minato da interessi poco puliti, è quel vigile urbano che si oppose realmente negli anni a cavallo del Duemila a infiltrazioni mafiose e corruzione in un paesino della Pianura Padana apparentemente estraneo a certe dinamiche, fino a perdere il posto di lavoro. E la propria integrità avrebbe avuto un riconoscimento pubblico solo a distanza di anni. Dalla cronaca, quindi, alla sua trasfigurazione nei termini di parabola esemplare, tale da mettere in discussione le nostre reazioni di fronte a episodi del genere. E a questo punto ci sta anche un breve inciso: fonte di grandi emozioni per il pubblico, al termine della prima al Teatro Argentina, è stato scoprire di avere in sala il vero vigile urbano cui tutto questo è ispirato, chiamato da Martinelli stesso a ricevere il saluto di spettatori una volta tanto sinceramente commossi, partecipi.
Tanto la rappresentazione che i successivi applausi hanno saputo rendere giustizia al suo operato. Se da un lato il vigile incorruttibile e animato da un pizzico di incoscienza possiede, in scena, lo spazio che si merita, accanto a lui si agita comunque una nutrita galleria di personaggi implicati a vario titolo nella vicenda: dall’onesta e laboriosa coppia di gelatai messa inopinatamente in crisi da loschi individui venuti a chiedere il pizzo, fino all’ingenuo cittadino romagnolo ossessionato dalla presenza sul territorio delle nutrie e ignaro di qualsiasi altra minaccia; dall’energico sindaco donna incapace però di resistere al fascino del potere e di una poco limpida ascesa economica, fino al ruffiano ufficio stampa della stessa e agli altri ambigui faccendieri che vengono di continuo a reclamare favori. Con sferzante ironia, soluzioni sceniche semplici ma efficaci e agrodolci spazi di riflessione, Martinelli ha saputo trovare le sfaccettature giuste con le quali affrescare quel morboso intreccio di consuetudini sociali e rapporti umani sviliti, affidandosi peraltro a una combriccola di interpreti molto ben assortita e coesa. Su tutti nota di merito, ancora una volta, per la musa di sempre Ermanna Montanari, che nelle grottesche vesti della donna di potere diretta erede di un rosso sempre più scolorito, a livello politico, ci ha inoltre deliziato con alcuni pezzi di bravura tanto trascinanti e veementi da far venire giù il teatro.

Un ringraziamento speciale a Michela Aloisi per le foto del cast al termine della prima, da noi aggiunte alla gallery

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