KENNY WAYNE SHEPHERD – LAY IT ON DOWN – MASCOT – 2017
Produzione: Kenny Wayne Shepherd & Marshall Altman
Formazione: Noah Hunt – voce; Kenny Wayne Shepherd – chitarre; Kevin McCormick – basso; Chris “Whipper” Layton – batteria
Titoli: 1) Baby got gone; 2) Diamonds & gold; 3) Nothing but the night; 4) Lay ot on down; 5) She’s $$$; 6) Hard lesson learned; 7) Down for love; 8) How low can you go; 9) Louisiana rain; 10) Ride of your life; 11) Lay it on down (acoustic bonus track)
Tra Joe Bonamassa e Jonny Lang, giustamente osannati per tanti buoni motivi, spesso si dimentica un “terzo incomodo” del blues rock moderno: quel Kenny Wayne Shepherd giunto con questo Lay it on down al suo ottavo album solista.
La chitarra del nostro è onnipresente, e ci mancherebbe, ma anche i compagni di band rispondono presente, a cominciare dal vocalist Noah Hunt col suo timbro caldo ma mai troppo orsacchiotto.
Dopo l’opener piuttosto classica Baby got gone, meno coperta dalla chitarra in termini quantitativi rispetto al solito ma qualitativamente sempre alta, passiamo a Diamonds & gold, un bel funky animato dai fiati in apertura, raggiunti poi dalle corde della chitarra che torna protagonista assoluta.
Lay it on down, proposta nell’edizione limitata anche il versione acustica in coda all’album, ha addosso tutto il sapore della Louisiana, atrmonie vocali e melodie del Sud.
In più di un brano si avverte l’eredità di Stevie Ray Vaughan: She’s $$$ (cantata “she’s money”), uno spettacolare blues moderno impreziosito dalle tastiere di Jimmy McGorman, ma soprattutto How low can you go, con un cantato incalzante sopra un giro di chitarra che più Stevie Ray Vaughan di così non potrebbe essere.
L’utilizzo della voce di Hunt è sempre caldo, rassicurante, si infervora sempre senza spaventare, forse per obiettivi commerciali ma comunque non guasta mai; forse sono un pò troppe tre ballads (oltre alla title-track anche Hard lesson learned, che galleggia tra country e gospel, e Louisiana rain, malinconica ma comunque dotata di un altro bel guitar solo), ma basta il corpo e la densità della chitarra che pervade tutto il disco per una promozione a voti quasi pieni.
Anche la conclusione affidata a Ride of your life si affida al blues rock per andare sul sicuro, come spesso avvenuto nella carriera di Kenny Wayne Shepherd.
E’ un lavoro che, a parte la risaputa affidabilità dei musicisti e delle loro prestazioni, merita attenzione per la qualità del songwriting, in un genere che facilmente scivola nell’esageratamente classico. Qui invece episodi trascurabili non ce ne sono.
Alessandro Tozzi