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Tanti muoiono ma io non sono mai morto.
Spero! O forse sono solo un illuso, o forse vivo in paradisi artificiali?! Chi lo sa? Ma la mia è una storia vera ma piena di bugie
Richard Benson
Mitico Richard. “Bigger than Life“, come si usa dire nei paesi anglosassoni. E cioè dove questa movimentata, eccentrica parabola esistenziale ha avuto inizio.
Richiard Benson è stato diverse cose insieme: musicista di immenso talento, grande conoscitore del panorama musicale contemporaneo, artista dalle fiere origini britanniche pienamente calato nella “romanità”, fenomeno di costume, personaggio televisivo dai modi decisamente sopra le righe, “guitto” dall’anima rock disposto anche (da un certo punto della sua carriera in poi) a concedersi serate più simili a “corride” che a veri e propri concerti. Sta di fatto che la sua scomparsa ha lasciato un vuoto incolmabile. E l’evento del Nuovo Cinema Aquila che ha avuto luogo il 25 dicembre, subito ribattezzato il “Natale del Male” (come a riecheggiare l’analogo show natalizio avvenuto parecchi anni prima in un locale di Roma, quando la degenerazione di certi eventi aveva già cominciato il suo corso, tra polli lanciati sul palco e battibecchi furibondi tra Richard e il pubblico), ce lo ha fatto sentire di nuovo vicino.
Un po’ rito collettivo, un po’ commemorazione attraverso l’arte, un po’ anche spazio opportunamente concesso a un documentario dotato di una sua impronta registica definita, ben articolata e quindi apprezzabilissima, la proiezione di Benson – La vita è il Nemico ha generato tra i presenti non poco entusiasmo. E ha perciò raggiunto ampiamente il suo scopo.
Piccola nota a margine: se il progetto del film è stato portato avanti con affetto sincero dal regista Maurizio Scarcella e dagli altri membri della crew, tale affetto lo si è percepito chiaramente anche in sala. Di sicuro vi è stata presenza di persone che Richard lo hanno seguito nelle sue ultime, più o meno scriteriate performance musicali (per fortuna non vi è stato però alcun lancio di ortaggi, farina o carne verso lo schermo del Nuovo Cinema Aquila), ma la sensazione è che i più fossero fan consci della grandezza spesso sottostimata di un chitarrista dalla tecnica sopraffina, che del resto aveva iniziato con il rock progressive (fondando nel 1970 assieme ad altri una band ancora oggi di culto, come testimoniato nel film stesso da una giapponese amante del prog, ovvero il Buon Vecchio Charlie), si è poi dedicato con passione al “metallo” e ha riversato al contempo la sua enciclopedica cultura musicale in quei programmi delle TV private, che hanno permesso a un’intera generazione di scoprire non si sa quanti cantanti e gruppi sia emergenti che già affermati. Un filo di commozione in più, poi, per la presenza in sala della vedova di Massimo Marino, altro popolare volto delle notti romane che di intervista in intervista aveva instaurato con Richard un rapporto di amicizia e stima reciproca. Quanto ci mancano in effetti quei due, icone di una “Roma sparita” che continua ad apparirci molto più genuina di quella odierna.
Ecco, effetto nostalgia a parte, Benson – La vita è il Nemico è comunque documentario dotato di una ritmica interna pazzesca che attraverso materiali di repertorio accuratamente selezionati, incontri con Richard e la moglie Ester avvenuti a volte in momenti assai complicati della loro vita insieme, più una serie di interviste con figure importanti della scena musicale e non solo di quella, riesce intanto a restituire del personaggio un ritratto assai sfaccettato. Di lui parlano con rispetto sia intellettuali apparentemente così distanti dal suo mondo come Vittorio Sgarbi che qualche collega, vedi un Federico Zampaglione in grado di collezionare successi sia in campo musicale che cinematografico, che con lui magari ci ha anche lavorato: il ricordo di quando girarono insieme il videoclip dei Nani per certi versi è epos puro! Meno simpatico degli altri l’atteggiamento di Giuseppe Cruciani del programma La Zanzara, ma questa del resto è una sua prerogativa. E certe risposte giustamente un po’ piccate, ma sempre molto genuine, puntuali, date da un Richard già sofferente e invecchiato al petulante conduttore radiofonico, sono indice volendo della profonda umanità di Richard Benson, aspetto che assieme alla sterminata cultura musicale esce fuori più volte nel bel documentario di Maurizio Scarcella.