Per gran parte del suo secondo album, Billie Eilish è sottotono, raramente supera il sussurro melodico anche quando sputa veleno su stalker, troll e abusatori.
All’inizio, la tentacolare title track del disco sembra più o meno la stessa cosa: “Happier Than Ever” inizia con un ukulele fluttuante, tasti scintillanti e l’accogliente vibrato di Eilish, la sua apertura così malinconicamente sistemata che quasi ti perdi il suo substrato.
Ma a metà, l’interiorità di Billie si attiva. Si sottomette alla rabbia e alza il volume, evocando un flusso di chitarra e urla smorzate mentre rievoca un ex.
“Non dico un cazzo di te su Internet”, dice, prima di iniziare a dire un sacco di cose brutte. Può essere allettante trasmettere le tue lamentele online, ma Eilish sa che le sue bruciature rendono i testi migliori dei tweet.
Antonio Alberto Di Santo